venerdì 24 luglio 2015

Unioni civili: dalla Cedu altra condanna per l'Italia

- EDIZIONE STRAORDINARIA -

Unioni civili: dalla Cedu altra condanna per l'Italia 




La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ha accolto il ricorso di tre coppie omosessuali che avevano contratto matrimonio all’estero e avevano richiesto di unirsi civilmente nei comuni di rispettiva provenienza (Milano, Lissone, Trento), dai quali avevano ricevuto il diniego scritto persino di fare le pubblicazioni. Sui casi si erano già pronunciate, a favore delle coppie, la Corte Costituzionale e la Corte di Cassazione le quali suggerivano l’emanazione di una legge che inquadrasse giuridicamente le unioni civili per persone dello stesso sesso, senza alcun risultato. Ma stavolta a pronunciarsi è il più alto grado di giudizio al quale le coppie potevano rivolgersi, emanando una sentenza che condanna apertamente l’Italia per la violazione dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti umani, che regola “il rispetto per la vita privata e familiare”. Nella sentenza la Corte sottolinea che 24 su 47 Stati europei hanno adottato legislazioni che permettono alle coppie dello stesso sesso di avere un riconoscimento giuridico, che sia il matrimonio o una forma di unione civile o patto registrato. Sono infatti 11 i paesi europei che riconoscono i matrimoni tra persone dello stesso sesso: Belgio, Danimarca, Francia, Islanda, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Norvegia, Portogallo, Spagna, Svezia e Regno Unito). Mentre sono 18 i paesi europei che hanno adottato una legislazione che riconosca giuridicamente le unioni civili (diverse dall’istituto del matrimonio ma che conferiscono obblighi legali simili all’istituto) tra coppie omosessuali: Andorra, Austria, Belgio, Croazia, Repubblica Ceca, Finlandia, Francia, Germania, Ungheria, Irlanda, Liechtenstein, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Slovenia, Spagna, Svizzera e Regno Unito. Restano fuori da queste legislazioni l’Italia, Cipro, Lettonia e Grecia. La violazione di cui i giudici di Strasburgo parlano, si riferisce alla mancata applicazione dell’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che protegge il “rispetto per la propria vita privata e familiare” e alla “non interferenza della pubblica autorità eccetto per i casi previsti dalla legge.” A tal proposito la Corte condanna lo Stato Italiano a risarcire le coppie, e lancia un monito affinché il governo italiano adotti una legislazione che riconosca giuridicamente le unioni tra persone dello stesso sesso (non riferendosi però all’istituto del matrimonio fra coppie omosessuali il quale rimane a larga discrezionalità del legislatore nazionale). Il premier Matteo Renzi ha dichiarato che entro l’autunno 2015 si procederà alla discussione del ddl sulle unioni civili tra coppie omosessuali, ma la strada sembrerebbe contorta dato che alcune resistenze permangono all’interno della maggioranza, soprattutto dal fronte Ncd su due elementi presenti nel disegno di legge, riguardanti gli effetti giuridici del riconoscimento delle unioni, come la reversibilità della pensione a favore del coniuge e l’adozione interna del figlio biologico del coniuge/i. Tuttavia la sensazione è che una legge si farà, anche se dopo questa sentenza di condanna. La decisione della Corte di Strasburgo, partendo dal principio giuridico del diritto al rispetto della vita privata e familiare, riconosce l’inviolabilità dello status di coppia indipendentemente dal sesso, e gli conferisce valore giuridico. Sta poi decidere ai singoli stati quali effetti scaturiscono dalle unioni civili e se essi si avvicinano o portano a una vera e propria unione matrimoniale. Sta di fatto che la decisione dei giudici di Strasburgo riconosce la dignità umana di fronte la legge indipendentemente dal sesso, dalla razza o dalla religione. E per di più esprime un modello di unione familiare non più cristallizzato all’emanazione delle costituzioni nazionali, ma al passo con i tempi e le dinamiche sociali che ne conseguono.
Danilo Lo Coco

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