sabato 4 luglio 2015

Scontro di volontà, quale destino spetta alla Grecia?

- EDIZIONE STRAORDINARIA -

Scontro di volontà, quale destino spetta alla Grecia?




Un gigantesco equivoco impedisce di comprendere il reale stato di cose della vicenda greca. Da mesi, tra le istituzioni creditrici, il governo greco, i mercati e gli esecutivi europei, si assiste ad uno snervante “stallo alla messicana”, dove nessuno ha il coraggio di sparare il primo colpo. Una cosa, però, è ormai chiara non saranno Tsipras e Varoufakis a sparare quel colpo. Entrambi continuano a ribadire di non voler in alcun modo uscire dall’eurozona (alimentando in questo modo il mito nazionalistico della moneta forte per un paese forte), bensì di lottare con maggiore legittimazione per un accordo più equo in caso di vittoria del No (oxi) al referendum del 5 Luglio. Dall’altro lato l’Eurogruppo, sebbene diviso tra falchi tedeschi e mediatori francesi, non lesina critiche e ammonimenti nei confronti dell’indisciplinato debitore, giungendo alla velata minaccia di abbandonare il tavolo delle trattative in caso di esito negativo della consultazione popolare. Persino il socialdemocratico Schulz si è spinto ad augurarsi la fine dell’esperienza Syriza per una buona riapertura delle trattative. I governi europei tentennano ma poi rimangono in linea con le posizioni della Cancelleria tedesca. I mercati stessi non sono riusciti a nascondere la loro tensione negli andamenti altalenanti di quest’ultima settimana. La decisione di indire un referendum consultivo può, da un punto di vista sinceramente democratico, essere giudicata, alternativamente, sia come una scaltra mossa populista, sia come una grande prova di democrazia. Ad ogni modo risulta molto azzeccata. La forte esposizione mediatica ne ha, negli ultimi giorni, esaltato certi tratti epici di revanscismo popolare molto telegenici. Allo stesso tempo se la posizione di Syriza rimane quella surreale del : “votate No all’accordo in modo tale che Martedì 6 Luglio si possa fare un accordo”, allora lo stesso voto sembra perdere d’importanza, e viceversa non è strano, comprendere gli inviti all’astensione rivolti dal KKE ai suoi militanti. Ciononostante, se Tsipras continuasse testardamente a pretendere un fantomatico “euro senza austerità”, potrebbe costringere gli altrettanto intransigenti creditori allo strappo, lasciando la Grecia all’insolvenza.  A default avviato uscire dall’euro è quasi una scelta obbligata; la Banca Centrale greca infatti riavrebbe la sovranità monetaria necessaria per controllare la valuta con cui emetterà nuovo debito, e gli squilibri di bilancia commerciale potrebbero essere corretti facendo fluttuare la nuova dracma sul mercato dei cambi. La vittoria del Si (nai), porterebbe semplicemente alla caduta dell’attuale governo, poco importa se ci sarà un rimpasto, un ribaltone o subito nuove elezioni. L’esperienza Syriza sarebbe politicamente conclusa. Sebbene l’esito del referendum renderebbe, in qualsiasi caso, ancora più chiaro come il progetto di Unione Monetaria europea sia antitetico alle libertà democratiche, la vittoria del fronte del No prevede comunque un ulteriore grado di appello. Ancora una volta sarà determinante la volontà delle parti in causa. L’auspicio del governo ellenico è che spetti proprio ai creditori, (che non possono sconfessare la linea politico-economica propagandata da anni perché glielo chiede un piccolo paese insolvente) “sparare per primi”, prendendosi loro la responsabilità di mettere la parola fine all’equivoco greco.
Luca Scaglione

1 commento:

  1. http://www.iltempo.it/economia/2015/07/04/demagogia-e-menzogne-1.1433589

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