lunedì 23 novembre 2015

L'insostenibile bugia dell'Occidente

- EDIZIONE STRAORDINARIA -

L'insostenibile bugia dell'Occidente



Al di là di ogni ipocrisia, je suis Bataclàn e Facebook con la possibilità di trasformare il nostro volto con i colori della bandiera francese, al di là dunque della dovuta solidarietà ai fratelli parigini, anche perché noi stessi possiamo essere i prossimi obiettivi e dunque oggetto noi stessi di solidarietà, al di là della ovvia e ferma condanna del terrorismo, dobbiamo tuttavia porci seriamente una domanda: quando l'Occidente la smetterà con l'assurda pretesa di esportare il suo modello di democrazia nel resto del  mondo ed in special modo in quello islamico?
L'Occidente ed il mondo islamico sono due civiltà culturalmente e politicamente assai differenti tra loro, ed è per questo sbagliato cercare di stabilire una prevalenza dell'una sull'altra: è sbagliata l'impostazione del fondamentalismo islamico, che vuole convertire gli “empi” ad ogni costo, fino alla uccisione; ma altrettanto sbagliato, anzi peggiore è il tentativo, atavico e non moderno, del mondo occidentale di “democratizzare” il mondo islamico, esportando in esso quelli che sono i valori tipici e fondanti dell'Occidente stesso, primo fra tutti il nostro concetto di “laicità dello Stato”.
In Occidente, la Pace di Westfalia (1648) non sancisce solo la nascita del moderno diritto internazionale, inteso come ordinamento della comunità degli Stati, liberi e sovrani, non superiorem recognoscentes; sancisce quanto il ben più importante principio della laicità dello Stato, ossia l'idea che ogni comunità politica non si conforma ai precetti della religione.
Il principio della laicità dello Stato è alla base del moderno costituzionalismo, che ha influenzato le istituzioni politiche dell'Occidente, europeo e nordamericano; esso rappresenta il punto cardine – insieme al principio dello Stato di diritto – del concetto occidentale di democrazia, riassumibile nell'assunto illuministico del “libera Chiesa in libero Stato”.
Volere esportare “democrazia” nel mondo islamico, vuol dire volere esportare anche il principio “ occidentale” di laicità dello Stato, che tuttavia ha un significato filosofico-concettuale europeo, giacché figlio di quel noto fenomeno culturale che è stato l'Illuminismo e che ha riguardato solo ed esclusivamente l'Europa del XVIII secolo; vuol dire in altri termini, l'assurda pretesa dell'Occidente di sostituire alla “laicità islamica” il proprio concetto di laicità.
Ma esiste una “laicità islamica”?
L'idea che nel mondo islamico non esista una separazione tra fede e politica, tra istituzioni religiose e istituzioni politiche, deriva da una grossolana visione storica delle cose che appiattisce le differenze e pretende di giudicare tutto secondo i modelli occidentali. In realtà, l'Islam - al pari dell'ebraismo - non conosce istituzioni religiose paragonabili alla Chiesa, ma soltanto associazioni, confraternite, comunità di preghiera o di vita ascetica, sodalizi che amministrano i beni materiali legati ai luoghi di culto.
Da parte loro, le istituzioni politiche islamiche si sono fin dal VII secolo sviluppate tenendo conto di modelli statuali come gli imperi bizantino e persiano. La «shari'a», la legge derivante dal Corano, ha fino a tempi recentissimi avuto dappertutto un valore rilevante sul piano del diritto privato ma non su quello pubblico: i sovrani emanavano la loro legge, in arabo «qanun», una parola derivante dal greco «kanon» (da cui l'aggettivo italiano «canonico») e indicante il complesso giuridico dipendente dal diritto giustinianeo. Che i sovrani islamici siano ricorsi più o meno spesso al consiglio degli «ulama», gli esegeti del Corano provvisti di un'autorità legittimata da una scuola, non ha mai minimamente configurato un «conflitto tra Stato e Chiesa»: l'autorità politica restava la sola a decidere; e sorvegliava anche l'attività degli «imam», i direttori di preghiera che ogni comunità («jama'a») all'interno della grande comunità generale dei credenti («umma») si sceglie liberamente.
Storicamente, dunque, la “laicità islamica” è antecedente a quella occidentale, e per certi aspetti più moderna di quest'ultima; l'arcaicizzazione dell'Islam, ossia l'instaurazione di regimi conservatori, integralisti e teocratici ( tra tutti, l'Arabia Saudita e l'Iran degli ayatollah) è una conseguenza del colonialismo occidentale, francese ed inglese in primis, nell'area oggi nota come Medioriente.
Nel suo secolare tentativo di dominare la civiltà islamica, l'Occidente ha sempre favorito la diffusione del fondamentalismo e dell'integralismo, anche col facilitare l'ascesa al potere di regimi teocratici e conservatori, in ragione del fatto che un mondo arabo moderno e non arcaico e non  conservatore avrebbe finito coll'essere in grado di potere concorrere ed essere antagonista con l'Occidente stesso.
Oggi, quindi, la pretesa occidentale di modernizzare l'Islam, esportando i nostri valori “democratici”, rappresenta , storicamente, una grande bugia, poiché l'Islam è già una civiltà “democratica”compiuta, forse composita, come la civiltà occidentale, culturalmente non subalterna ad essa; è una grande bugia in quanto  sottende ad una precisa strategia geopolitica – più o meno discutibile ed accettabile- di continuare a controllare “economicamente” il mondo islamico e i suoi ricchi territori di giacimenti naturali; strategia oggi resa ancora più pericolosa poiché gli attacchi terroristici dell'Isis hanno finito col danneggiare più il mondo islamico che l'Occidente stesso, ricreando una sinergia tra quest'ultimo e la Russia, che può soltanto comportare una ennesima “colonizzazione” del mondo islamico.
Dott. Rosario Fiore
Cultore di Diritto Pubblico Comparato e Diritto Internazionale Unipa
Segretario Generale IMESI

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