giovedì 12 maggio 2016

Bernie Sanders, la promessa rivoluzionaria del Democratic Party

Bernie Sanders, la promessa rivoluzionaria del Democratic Party


La settimana prossima vinceremo in West Virginia, e poi vinceremo in Kentucky e in Oregon" - così si esprime fiero dopo un’inaspettata vittoria in Indiana il front - runner democratico Bernie Sanders, mentre parla a Louisville, in Kentucky. Lo separano dalla Clinton soltanto pochi punti, per un match chiusosi con 53 a 47 per il primo. A dispetto di chi credeva che chiunque fuorché lui potesse arrivare così lontano nella sua campagna elettorale, il senatore del Vermont ha sottolineato l’importanza di questa vittoria “perché le idee per cui ci stiamo battendo sono le idee del futuro dell'America". Il sogno di Sanders è infatti poter ridare voce all’America su determinate questioni sulle quali il candidato alle primarie democratiche vorrebbe vederci più chiaro, idee che chiaramente lo collocano in una posizione di netto contrasto con la futura promessa alla presidenza stelle e strisce, la “sempreterna” Hilary Clinton.

Ma chi è, in realtà, Bernie Sanders?
Dal forte accento popolare di Brooklyn, fa carriera in Vermont dove corre per la poltrona di sindaco di Burlington, dopo aver studiato Scienze Politiche a Chicago. Ama dichiararsi socialista democratico contro ogni rischio di apparire anacronistico, e forse è proprio questo a far presa sul suo elettorato, composto prevalentemente da giovani. Ma quella che ha tutta l’aria di essere la sua carta vincente, è #TTIPleaks. I documenti sul TTIP resi noti lo scorso 6 maggio da Greenpeace sono stati prodromici per un commento a caldo del senatore: “Le rivelazioni di oggi dimostrano che il cosiddetto accordo commerciale Usa-Ue ha poco a che fare con il “libero commercio” e molto a che fare con l’aumento del potere delle banche di Wall Street, delle aziende farmaceutiche e e delle grandi compagnie petrolifere […]” e così conclude, mettendo ben in chiaro la sua posizione: “In qualità di presidente, il senatore Sanders non sarà d’accordo con qualsiasi accordo commerciale che minaccia la sicurezza alimentare […]. Il commercio è una cosa buona, ma deve essere onesto”.

Il timore, esplicitato in decine di manifestazioni che hanno attraversato l’Europa (non ultima quella che ha visto i comitati #StopTtip sfilare per Roma sabato scorso), è che il Trattato sia una sorta di cavallo di Troia americano per abbassare gli standard qualitativi europei in fatto di agroalimentare, sicurezza del lavoro e, dulcis in fundo, diritti umani. Tanto più che l’Europa non appare unita in una trattativa che va avanti ormai dal 2013. La questione è delicatissima dalla trama non poco articolata. Si sarà mosso bene “Bern”, come lo chiamano i suoi affezionati, nella scelta del jolly da tirar fuori per la sua corsa alla Casa Bianca? Se sul fronte repubblicano Trump ha già fatto fuori i suoi rivali, le primarie democratiche si chiuderanno a Giugno, per cui l’ attesa di conoscere il verdetto, fino ad allora, non sarà poi troppa.
Giulia Guastella

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