lunedì 14 marzo 2016

"Allah Akbar": domenica di terrore In Costa d'Avorio e Turchia

- EDIZIONE STRAORDINARIA -

"Allah Akbar": domenica di terrore In Costa d'Avorio e Turchia

Foto Ansa.it
Nel primo pomeriggio di ieri una barca si avvicina alla spiaggia di Grand Bassam (patrimonio dell’Umanità dal 2012), in Costa D’Avorio, a pochi passi dai lussuosi hotel Koral Beach e Etoile du sud. In pochi secondi la sparatoria. Perdono la vita, secondo quanto affermato dal presidente Ivoriano Alassane Ouattara, circa quattordici civili e due militari. Almeno quattro delle vittime sarebbero di origine europea e di queste una francese, secondo quanto affermato dal presidente Hollande, che ha aggiunto: “La Francia assicura sostegno logistico e informazioni alla Costa D’Avorio per trovare gli aggressori e continuerà e intensificherà la cooperazione con i suoi partner nella lotta al terrorismo”. Proprio il consolato francese a Abidjan, che dista circa 40 chilometri da dove si è consumato il fatto, ha chiesto ai francesi di non spostarsi tra le città limitrofe, in modo da favorire l’operato delle forze dell’ordine. La Farnesina, intanto, sta agendo al fine di stabilire se anche soggetti di nazionalità italiana possano essere rimasti coinvolti nell’attentato. Per quanto concerne gli attentatori, essi sono arrivati alla spiaggia via mare, su una barca. I testimoni hanno dichiarato alle autorità e ai media internazionali di aver visto una decina di uomini con il volto coperto, che imbracciavano dei kalashnikov, aprire il fuoco sui bagnanti al grido di “Allah Akbar”. “Le forze di sicurezza sono intervenute immediatamente-ha affermato Hamed Bakayoko, il ministro dell’interno-e sono riuscite a neutralizzare sei dei terroristi.”; intanto i militari ivoriani e quelli francesi di stanza in Costa D’Avorio si sono immediatamente recati sul posto per dare inizio alla caccia all’uomo nella speranza di identificare e bloccare gli altri soggetti coinvolti. Tanto coinvolgimento della Francia non stupisce: ex colonia francese, divenuta indipendente solo negli anni sessanta, la Costa D’Avorio è ancora estremamente impregnata della cultura francese: basti pensare alla lingua che vi si parla, il francese per l’appunto, o alle numerose aziende francesi che vi aprono le loro filiali.

Le macabre immagini di quella spiaggia, pubblicate in rete già poche ore dopo l’attentato, non possono non riportare alla memoria di tutti il massacro di Sousse, ad opera dello Stato Islamico, dello scorso 26 Giugno, in cui persero la vita una quarantina di persone, per lo più turisti occidentali in vacanza. Questa volta tuttavia non è lo stato islamico a rivendicare l’attentato, bensì Aqmi, l’Al Qaeda maghrebina che ha rivendicato innumerevoli altri attentati nella zona e che ha più volte dichiarato di vedere nella Francia il nemico per eccellenza, dal momento che questa era riuscita a bloccare l’avanzata di Al Qaeda dalla Libia al Mali e aveva dato vita all’operazione Barkhane, al fine di impedire infiltrazioni jihadiste in Sud Africa. L’operazione ha senz’altro arginato l’avanzata, ma non ha potuto neutralizzare del tutto l’azione dei gruppi terroristici. Anche nel caso di quanto successo ieri, la Francia si era premurata di avvertire, tramite intelligence, la Costa D’Avorio e il Senegal, che attentati terroristici erano previsti in questi paesi. Neppure questo tuttavia ha permesso di evitare spargimenti di sangue, che rischiano di incrinare ulteriormente i rapporti, già piuttosto compromessi in passato, tra il Nord e il Sud del paese, l’uno a maggioranza musulmana, l’altro cristiana e che sembravano essersi recentemente appianati.

Sono passate appena poche ore dai momenti di terrore consumatisi nella spiaggia di Grand Bassam, quando un altro tragico avvenimento sconvolge l’opinione pubblica: si tratta di un altro attentato, un’esplosione questa volta, provocata da un’autobomba scagliata contro un autobus nel centro di Ankara, in Turchia. La zona colpita, a metà strada tra il frequentatissimo parco Guven e il boulevard Ataturk, ospita diversi palazzi governativi, tra cui i ministeri dell’Educazione e della Giustizia, ed è frequentata quotidianamente da un elevato numero di funzionari e civili. L’esplosione ha provocato gravi danni, facendo esplodere una serie di veicoli vicini; sarebbero rimasti vittima dell’attentato circa 34 persone, dei quali almeno due attentatori e i feriti ammonterebbero a più di un centinaio di persone, alcune delle quali molto gravi. Il Ministro dell’interno Efkan Ala ha subito denunciato l’esplosione come un atto terroristico, ma non ha aggiunto ulteriori particolari riguardo i dettagli dell’accaduto, discussi dai ministri durante un vertice sulla sicurezza. Secondo quanto fatto trapelare ai media locali da autorità governative i sospetti ricadrebbero, ancora una volta, sul terrorismo di matrice curda, sebbene non sia ancora avvenuta alcuna rivendicazione. Subito il presidente Erdogan ha rilasciato una dichiarazione, senza tuttavia fare riferimenti ai mandanti o presunti tali: “A seguito dell’instabilità della regione- ha affermato- negli ultimi anni la Turchia è stata oggetto di numerosi attacchi terroristici che minacciano l’integrità del nostro paese. Proseguiremo quindi la lotta al terrorismo con ancor più determinazione”. Lo scenario appena descritto ci riporta alla mente i fatti di circa un paio di mesi fa, riguardanti l’esplosione di piazza Sultanahmet, Anche in quel caso, come nella maggior parte degli attentati che hanno colpito nell’ultimo periodo la Turchia, la responsabilità era subito stata attribuita al terrorismo curdo e i media erano subito stati allontanati dal luogo delle esplosioni. Anche ieri infatti le autorità hanno intimato ai giornalisti di non divulgare immagini o informazioni dettagliate su quanto accaduto e la stessa autorità radiotelevisiva turca, il Consiglio supremo di radio e televisione, ha imposto un divieto temporaneo di pubblicazione di notizie.

Anche questo attentato, come quello avvenuto in Costa D’Avorio, era stato in qualche modo preventivato e annunciato: appena un paio di giorni fa infatti l’ambasciata americana ad Ankara aveva avvertito i cittadini di un pericolo imminente, che tuttavia non è stato possibile sventare. L’aspetto su cui è particolarmente importante fare chiarezza sarebbe ora la matrice dell’attentato, non ancora rivendicato. Importante per assicurare i colpevoli alla giustizia e contribuire a delineare strategie efficaci di prevenzione per un paese costantemente sotto attacco ma importante soprattutto al fine di non ricadere nel circolo vizioso creato dalla disinformazione, dalle mezze verità, o dall’identificare un colpevole di comodo. Tanto più che l’instabilità della Turchia, dovuta ai dissidi interni e al suo importante coinvolgimento nel conflitto Siriano, sta pian piano minando la credibilità e la stabilità del paese e della sua leadership. I due attentati, seppure non collegati direttamente tra loro, palesano una delle caratteristiche incontestabili della politica internazionale: la nascita di soggetti non statuali che assumono un ruolo sempre più importante nel panorama geopolitico, e che riescono, tramite la violenza e la diffusione del terrore, ad autolegittimarsi. Sebbene la lotta al terrorismo sia uno dei punti fondamentali delle agende dei grandi leader, essa continua ad essere un vero e proprio strumento di pressione, purtroppo piuttosto efficace.

Alessia Girgenti

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