giovedì 19 marzo 2015

Nemcov, la Russia e le annose derive autoritaristiche della presidenza Putin

#Pensatodavoi

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Nemcov, la Russia e le annose derive autoritaristiche della presidenza putin



Lungi dall’elucubrare su possibili indizi di colpevolezza, e dall’affibbiare visceralmente responsabilità giuridiche, il caso nebuloso dell’omicidio dell’ex vicepremier del governo russo (in carica per un anno a cavallo tra il 1997 e il 1998 ) e cofondatore del partito “Unione delle Forze di Destra” Boris Efimovic Nemcov fa vacillare la già compromessa autenticità della macchina democratica ( almeno formalmente ) russa. Velleitarie risulterebbero le congetture che avallano la tesi di un’operazione destabilizzatrice degli Stati Uniti ( peraltro poco perorata dai media occidentali) o di un tentativo delle opposizioni di minare la stabilità politica della Repubblica federale. Riduttive, o quanto meno semplicistiche, le ipotesi secondo cui l’assassinio sarebbe avvenuto su ingiunzioni provenienti direttamente dalle stanze del Cremino. Risulta più efficiente quindi, provare a tirarsi fuori dalla spirale aporetica a cui si rimarrebbe avvinghiati nel tentativo di soluzione del caso e rivangare alcuni fatti ineluttabili occorsi durante il mandato ormai di lungo corso della presidenza di Putin. In carica dal 2000, prima come Presidente della Federazione fino al 2008, in veste di Primo ministro fino al 2012, e riconfermato Capo dello Stato successivamente, Putin ha avviato una serie di riforme legislative volte a circoscrivere in maniera via via crescente gli spazi democratici del paese. Dalla parziale censura della rete, alla reintroduzione di norme specifiche contro le opposizioni, senza escludere il monopolio della stampa ( il paese è al centocinquantaduesimo posto nella classifica sulla libertà d'informazione), il leit motiv assolutistico sembra essere incontrovertibile. Di seguito, un elenco sommario degli eventi più discutibili che evidenziano come il cambiamento rispetto all'epoca storica del regime sia quasi gattopardesco.
2000. Anno della sua ascesa al potere, Putin fa subito la voce grossa. In pochi mesi vara un'iniziativa legislativa che rimuove i governatori regionali dai loro scranni in Parlamento a cui avevano accesso ex officio e crea nuovi distretti federali ( o super regioni ) con i membri a capo nominati arbitrariamente dal Cremlino col compito di monitorare l'operato delle regioni. La norma verrà inasprita nel 2004, quando in seguito ad un catastrofico attacco terroristico in Cecenia, vengono portati avanti una serie di emendamenti costituzionali che abrogano l'elezione democratica dei governatori regionali, d'ora in avanti alla mercé del potere centrale. La situazione tornerà alla normalità nel 2012, quando verranno ripristinate le elezioni regionali, ma solo negli organi amministrativi i cui mandati sarebbero terminati lo stesso anno. Esito: si è votato in sole cinque regioni.
2001. Gazprom, colosso aziendale a partecipazione pubblica, rileva il controllo della stazione televisiva NTV e licenzia lo staff del settimanale Itogi. Anche il quotidiano Sevodnya chiude i battenti su diktat dell'azienda. Parallelamente, nuove norme regolamentano l'attività degli inviati di guerra in Cecenia: durante le attività di reportage è sempre necessario l'accompagnamento di un addetto all'ufficio stampa del Ministero degli Interni.
2002. L'ultima rete televisiva privata, Tv-6, sospende i servizi su ordinanza della corte d'arbitraggio di Mosca, in seguito ad intimazioni del governo. La corruzione nel frattempo dilaga: un think tank con sede a Mosca stima un ammontare di trentasette miliardi di dollari spesi annualmente in tangenti.
2003. Viene promulgata una legge che mina sensibilmente la libertà di cronaca, ove notizie critiche sui candidati alle parlamentari dello stesso anno, avrebbero compromesso la permanenza sul mercato delle agenzie di stampa e di aver sviscerato informazioni potenzialmente destabilizzanti. La Corte Costituzionale successivamente revisiona la norma, in alcune parti troppo restrittiva, ma ciò non è sufficiente a restituire un tenue accenno di trasparenza alla campagna elettorale.
2004. Le autorità continuano nella loro opera di disincentivazione delle attività di figure poco prone a legami di subordinazione istituzionali. Ad Aprile, il ricercatore Igor Sutyagin è condannato a quindici anni di detenzione per aver rivelato segreti militari a servizi d'Intelligence stranieri. Poco tempo dopo, sorte analoga tocca al fisico Valentin Danilov: svelati alcuni segreti in materia di innovazione tecnologica alla Cina, la pena per lui ammonta a quattordici anni di prigionia. Messaggi in codice abbastanza chiari, atti a scoraggiare ogni tipo di contatto tra accademici russi e stranieri.
Sotto torchio in numerosi atti legislativi anche l'attività delle ONG, che avendo un raggio d'azione ben al di là dei confini nazionali, esulano dai vincoli legislativi statali. Non nel caso della Russia. Nel 2006 è emesso un atto legislativo che concede ai burocrati ampia discrezionalità nella registrazione delle organizzazioni e inserisce parametri onerosi quale criterio per il loro riconoscimento giuridico. Nel 2009 ne viene soppressa l'esenzione fiscale: a partire dall'anno successivo il prelievo ammonterà al 24 %. dei ricavi.
L'anno successivo, la polizia ispeziona più di quaranta sedi per accertarsi che le adempienze alla legislazione statale siano effettive. Nel 2012, la Duma approva il testo sui “Foreign Agents”, che applica restrizioni alle Ong sovvenzionate da fondi stranieri, rendendole suscettibili di ispezioni improvvise da parte delle autorità.
Glissando sulle innumerevoli scomparse misteriose di giornalisti e attivisti per i diritti civili che lungo il corso degli anni si sono schierati a favore di un paese più liberale, permane un punto interrogativo storicamente insolubile: oberata eternamente dall'uomo solo al comando, come può essere la Russia ontologicamente incapace di mettere su una struttura decisionale meno verticistica e che coinvolga trasversalmente tutta la società?
Federico Mazzara

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