sabato 14 febbraio 2015

Quale democrazia in Europa?

#Pensatodavoi

Lo spazio settimanale, a misura di lettore, per le vostre riflessioni


Quale democrazia in Europa?




È facile parlare del "dover essere" dell'Europa.  Lo è meno fare i conti con la sua essenza reale. Ancor più interessante sarebbe azzardare un’ analisi che tocchi le ragioni politico istituzionali all'interno del contesto storico Europeo. L'UE è un unicum storico. Stati sovrani, a partire dal dopoguerra, mettono in comune parte delle loro prerogative per seguire un percorso che va dalla composizione di un mercato unico fino a una futuribile federazione. Dal dopo guerra ad oggi gli Stati sovrani sono aumentati sensibilmente, in seguito al processo di decolonizzazione e allo scioglimento di unioni e federazioni dal passato pesante. Il processo d’ integrazione europeo è una vera e propria avanguardia, soprattutto se si guarda il proliferare di unioni doganali ed esperimenti più avanzati in giro per il mondo come l’ASEAN. Posta questa doverosa premessa, che ricorda la forte ambizione del progetto comunitario, il quesito rimane: quale Europa?
La vulgata ufficiale del buon europeista progressista, suona più o meno così : "L' Europa unita è un bellissimo sogno democratico, ma i cattivi e intransigenti übermensch tedeschi non vogliono cooperare e ne impediscono il ridente avvenire". A questo discorso segue poi l’impossibilita’ di trarne le logiche conseguenze, fermandosi ad un generico “ci vuole più Europa”. La deflazione, la disoccupazione, i morti dei paesi del sud possono infatti tranquillamente aspettare, data da destinarsi, un fantomatico rinsavimento della Germania, nemico su cui sempre più si scaricano tensioni non esattamente conformi al pacifico spirito comunitario. Per provare a spingersi oltre questa rappresentazione quantomeno farsesca della crisi europea, a mio avviso, bisogna cercare di toccare i reali problemi dell'impalcatura democratica dell'unione e cambiare domanda: quale democrazia in Europa?  L'UE pone le sue fondamenta nella costituzione di presunti organismi "tecnici" come la BCE e la Commissione, che pongono al di fuori dal controllo democratico importanti aree della sovranità ex-statuale. L'indipendenza della BC, (che ha natura politica e lo dimostra di continuo, da ultime le misure nei confronti del sistema bancario greco) è l'esempio più evidente di questa tecno-burocratizzazione delle sovranità popolari. Storicamente la costruzione europea si è sviluppata a partire dal cosiddetto asse franco-tedesco, seguendo un’impostazione essenzialmente centralista. I paesi periferici hanno di fatto inseguito, a volte arrancando, un progetto portato avanti da Francia e Germania pensando potessero essere quella "locomotiva" che li avrebbe trainate in quel “progresso comune”, di cui qualcuno ancora oggi vaneggia. La realtà ci consegna un’Unione che di fatto manca di una vera accountability democratica. Pensare di continuare su questa strada centralista, semplicemente riequilibrando i poteri tra Parlamento e Consiglio, o giungere a pensare addirittura l'eleggibilità di un improbabile esecutivo della Super-Nazione europea, non solo non tiene conto delle realtà storiche (un bavarese oggi non ha più alcuna voglia di pagare per un sassone, figurarsi per un portoghese), né dà una risposta necessaria e praticabile ai paesi in difficoltà (che possono sempre aspettare), ma non coglie la questione democratica.  Le istituzioni nazionali e internazionali sono sempre più distanti dai cittadini. La disaffezione verso il momento elettorale è una piaga comune in tutta Europa. Privare le singole comunità nazionali e regionali di ulteriore sovranità, spostandola a Bruxelles e Francoforte, potrebbe contribuire solamente ad aggravare la crisi europea. La centralizzazione delle istituzioni democratiche facilita un controllo maggiore, su queste ultime, da parte delle lobbies, le quali, agendo su scala europea, risultano evidentemente meno controllabili. La riduzione degli spazi di governance democratica è quindi accompagnata da un'inevitabile deriva oligarchica che matura sotto la crescente pressione del lobbismo internazionale. Ristabilire accountability democratica a livello europeo è l'unico modo per salvare un'idea sostenibile e solidale di Europa, e di ridare autorevolezza a quel che rimane delle mai abbastanza osannate costituzioni democratiche del dopoguerra, sempre più svuotate da questo processo di tecno-burocratico europeo. Proposte che passino dalla messa in discussione del dogma della BCE indipendente, dall'istituzione di meccanismi di riequilibrio delle asimmetrie economiche, fino alla costruzione di nuovi spazi di governace democratica, sono perfettamente contrarie e alternative alla struttura costitutiva dell'Unione. Va da sé che un percorso di questo tipo non sembra minimamente percorribile. "Less Europe is more”, parafrasando la massima del modernista L.M. van der Rhode, può forse essere la risposta più sincera alle domande poste dalla crisi europea. 
Luca Scaglione

2 commenti:

  1. Dopo avere visto la Merkel e Hollande a Minsk e non avere visto invece Juncker e la Mogherini, mi convinco ancora di più della assoluta inutilità di " questa " Unione Europea.

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    1. Avevo inserito un passaggio che probabilmente e' saltato, quando parlavo della natura centralista: "chi sta trattando con Putin e Poroshenko, la Mogherini?)". Che la "periferia" dell'UE sia considerata alla stregua di una mera appendice e' un fatto che mortifica le potenzialita' di questi paesi come attori nel loro ambiente. L'associazione e il blog fanno un chiaro accenno al Mediterraneo, esempio perfetto. Merita una seria riflessione.

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