martedì 2 febbraio 2016

Dalla Turchia a Lampedusa, la Francia è lontana

- EDIZIONE STRAORDINARIA -

Dalla Turchia a Lampedusa, la Francia è lontana

Dalla nascita del colonialismo fino alla sua fine, giungendo ai giorni d'oggi, le super potenze Europee hanno stimato grandi ricchezze e mantenuto rapporti diretti con le proprie terre. Anche se non si parla più in termini di colonialismo, bandito da ogni Carta e Convenzione internazionale, molti Paesi hanno mantenuto rapporti privilegiati che spesso, come racconta la storia degli ultimi 20 anni, ha portato a destabilizzazione e alla nascita di correnti nazionaliste pericolose. Facendo un notevole salto storico, senza addentrarci dentro la storiografia del terrorismo internazionale e delle sue mille sfaccettature, giungiamo alle conseguenze prevedibili che questo ha originato: la fuga dalla paura. Chi fugge, e noi di Imesi lo abbiamo già ripetuto tra seminari e report, sono bambini, famiglie povere alla ricerca della tranquillità e di un nuovo futuro lontano da quello che non considerano più il vero focolare domestico. Chi fugge rischia sicuramente di scontrarsi con gli imprevisti previsti (gioco di parole voluto e dovuto) della realtà: barconi che affondano, prigionie, torture e violenze. Spesso e volentieri dietro a tutto ciò c'è il terrorismo internazionale, oggi conosciuto come IS, che organizza spedizioni verso le nostre terre dietro corrispettivi ingenti. L'Europa ancora non è in grado di reagire e organizzarsi di fronte a questo straordinario fenomeno, inteso come immigrazione e terrorismo. Agisce divisa e mostra i suoi lati deboli: il nazionalismo soffocante che vince sulla politica di una Europa-Stato che dovrebbe parlare in un'unica voce. La recentissima mossa dello scacchiere di Bruxelles è stata creare un piano "salva Turchia" che suona più come una mossa del tipo "io ti aiuto ma ricordati dell'Europa" che sfocia in un accordo milionario per contribuire ad aiutare Ankara a gestire il grandioso flusso dei profughi siriani e iracheni che giungono nei campi, ormai allo stremo, delle città di confine. Gestione intesa in termini di accampamenti, controlli di qualità, cibo e contrasto al terrorismo. La Turchia, e come non dar torto a Bruxelles, da mesi viene giornalmente assediata da chi fugge da Raqqa, Kobane, Mossul e fin qui siamo tutti solidali. Aiutiamo la Turchia.

Spostandoci un po' più a sud dell'Europa, la questione diventa ancor più delicata. E qui, a proposito di nazionalismi, un'isola e una comunità viene lasciata sola a fronteggiare migliaia di arrivi dalla Libia e che solamente con il grandioso appoggio delle Ong locali e di alcune organizzazioni umanitarie nazionali e un paio di agenzie ONU si riesce a gestire lo straordinario flusso di esseri umani. Mancano altre strutture adeguate perché le uniche rimaste sono al collasso, però non viene a mancare l'amore dei Lampedusani verso chi soffre e continua a sognare. Si, stiamo parlando di quella terra ricca di paesaggi naturalistici unici al mondo, Lampedusa, e dei suoi abitanti che nel lontano 2012 hanno accolto nelle proprie case gli immigrati che scappavano dalle coste nord Africane. L'unico riconoscimento politico di Bruxelles è stato la presenza di Barroso, l'allora Presidente della Commissione Europea, a commemorare le centinaia di vittime naufragate di fronte il porto dell'Isola. Da lì ad oggi, tante parole, tanti elogi ma pochi fatti concreti. Lampedusa merita un trattamento diverso e di certo le ultime dichiarazioni del ministro francese non spingono in questa direzione.

C'è chi teme, come Jean-Yves Le Drian, che a Lampedusa ci sia il rischio di infiltrazioni dell'IS, proprio perché è la prima frontiera a soli 300 km dalla Libia, dove Daesh sta avanzando senza ostacoli. Se veramente a Lampedusa ci sia il rischio che lo Stato Islamico possa levare in cielo la propria bandiera nera, allora, i nostri servizi segreti, tra i più lodevoli sul piano internazionale, dovrebbero rivalutare le proprie competenze. E non credo sia così, anzi. Penso che si stia esagerando, o forse, e spero di sbagliarmi, il ministro francese non sia a conoscenza delle reali preoccupazioni che il suo Paese sta attraversando sul piano interno e della sicurezza internazionale. Lo Stato Islamico è già presente in Europa e questo è sotto gli occhi di tutti. Le recenti sanguinose stragi di Parigi hanno appurato che i terroristi erano cittadini francesi e mai partiti da Lampedusa. L'obiettivo dello Stato islamico è politico e non di certo colpire i punti logistici, come Lampedusa. L'Italia non ha bisogno dei consigli francesi in tema di terrorismo e di controllo delle proprie frontiere, semmai ha bisogno di una Europa unita e che rivaluti le politiche, fin qui anemiche, della gestione all'immigrazione, relegando all'Italia un ruolo di primo piano, concedendo risorse per la creazione di nuovi Centri di accoglienza. Inoltre, sappiamo che chi arriva a Lampedusa, proprio perché la prima frontiera dopo lo Stato Islamico, viene individuato, schedato e segnalato e qui il grande lavoro che i funzionari Frontex e le forze dell'ordine italiane stanno svolgendo nel piccolo centro dell'isola, grazie anche alla creazione dell'Hotspot.

Le preoccupazioni del Ministro Le Drian, quindi, suonano come una strategia volta a scoraggiare il turismo nell'isola, metà molto ambita dai francesi, alle porte di una stagione che deve rilanciare l'economia lampedusana. I disperati che arrivano lungo le nostre coste scappano dall'IS e non crediamo assolutamente che un terrorista possa imbarcarsi e rischiare la vita come la rischiano ogni giorno centinaia di profughi. Oggi chi miete terrore è chi conosce profondamente le istituzioni e la storia del Paese verso cui vuole dimostrarsi e non a caso la storia recente l'ha testimoniato. Questa volta la Francia ha perso l'ennesima occasione per restare a riflettere, in silenzio.

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