domenica 19 aprile 2015

Cambiamenti globali e sfide energetiche: l'intervista a Matteo Verda, ricercatore ISPI

LA PAROLA ALL’ESPERTO

La rubrica mensile di IMESI che riporta la voce degli esperti sulle maggiori tematiche di politica internazionale

Cambiamenti globali e sfide energetiche: l'intervista a Matteo Verda, ricercatore ISPI

a cura di Martina Bonaffini




Questo mese nella rubrica “La parola all'esperto” ospitiamo MatteoVerda, http://www.ispionline.it/en/ricercatore/matteo-verda,  ricercatore dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi), esperto in politiche energetiche e di sicurezza . In questa intervista ci spiegherà la dipendenza degli Stati dai combustibili, in che modo l'industrializzazione abbia giocato un ruolo determinante sotto il profilo dei consumi e delle dipendenze “inter “ stati, e come si siano  sviluppate le politiche energetiche in vista delle nuove sfide globali.


Quanto conta il petrolio nella vita degli stati per definire la loro posizione nei mercati?
La domanda posta in questi termini è senza dubbio molto vasta. Diciamo che il petrolio resta la fonte energetica più importante sui mercati internazionali. Per i paesi industrializzati e importatori, l’approvvigionamento energetico tende a essere un’attività economica svolta da soggetti privati. I governi si limitano a garantire un livello minimo di sicurezza tramite l’accumulo di riserve strategiche e intervengono diplomaticamente e militarmente in caso di gravi minacce. Per i paesi esportatori, il settore energetico rappresenta spesso un elemento centrale dell’economia nazionale ed è oggetto di intervento diretto e costante del governo. Tipicamente, attraverso il controllo pubblico di una compagnia energetica nazionale.

Quali sono i paesi produttori e chi ne dipende?
I principali produttori mondiali sono gli Stati Uniti, l’Arabia Saudita e la Russia, che insieme estraggono circa un terzo di tutto il petrolio consumato nel mondo. Arabia Saudita e Russia sono anche grandi esportatori, seguiti da Emirati Arabi Uniti, Kuwait e Venezuela. Per quanto riguarda gli importatori, i principali sono l’Unione Europea, la Cina, l’India e il Giappone. Anche gli Stati Uniti sono ancora un importatore netto, ma meno che in passato, grazie all’aumento della produzione domestica da non convenzionale.

Quali politiche dovrebbero adottare gli stati per raggiungere il grado di competitività nel mercato, al pari di U.S.A e Giappone, ad esempio.
Questa è una domanda molto complessa, la cui risposta dipende dalle condizioni specifiche del paese considerato. Per esempio, per replicare il boom del non convenzionale nordamericano servono le condizioni geologiche, industriali e legali statunitensi, di certo non replicabili in molti altri paesi. Quanto al Giappone, gli investimenti in ricerca tecnologica e l’efficienza energetica sono aspetti sicuramente importanti.

È possibile un black out energetico mondiale? Se accadesse gli stati come potrebbero reagire considerata la dipendenza dall'energia?
No, non è possibile nulla del genere. La molteplicità delle fonti energetiche e dei fornitori rende difficile ipotizzare un’interruzione generalizzata delle forniture in ogni parte del mondo.

Quali sono le energie che muovono gli stati e quindi le economie?
L’energia è una sola. Esistono invece molte fonti e molti vettori diversi. Attualmente, l’energia consumata a livello mondiale viene soprattutto dalle fonti fossili: petrolio, carbone e gas naturale contano per l’80% del totale. Accanto a queste, si trovano le rinnovabili (15%) e il nucleare (5%).

Vi è spazio per le energie rinnovabili?
Senza dubbio. Ma per diffondersi e diventare dominanti nel paniere energetico, dovranno diventare economicamente competitive. Occorre investire molto in ricerca, in particolare con un occhio di riguardo alle tecnologie che consentano di accumulare l’energia prodotta con le fonti discontinue, come il fotovoltaico e l’eolico.

Quali paesi potrebbero adottare “politiche rinnovabili “?
Ogni paese può farlo, in realtà. Poi, certamente avere ampi territori non urbanizzati o godere di un irraggiamento solare molto forte e costante sono indubbi vantaggi competitivi.

Qualora nel mercato l'offerta non dovesse più soddisfare la domanda cosa accadrebbe? Inversione di rotta verso altri combustibili o collasso dell'economia con conseguente guerra petrolifera?
Come per ogni mercato, quando la domanda supera l’offerta, i prezzi tendono a salire. Se i meccanismi di mercato funzionano male o saltano, allora l’approvvigionamento energetico diventa una questione di sicurezza, da affrontare con strumenti militari. Si tratta però di un’ipotesi estrema e molto cambia in base alla fonte energetica che si considera. Il mercato petrolifero e quello del carbone, per esempio, sono molto diversi da quello del gas. Nei primi, il trasporto avviene soprattutto via nave ed è relativamente economico. Nel caso del gas naturale, invece, il trasporto avviene soprattutto via tubo e dunque produttori e consumatori sono costretti a cooperare, se vogliono trarre vantaggio reciproco. In linea di principio, ogni fonte è sostituibile, la questione è il costo di farlo. Banalmente, tuttavia, quello che in tempo di pace è impensabile, in caso di emergenza può diventare una misura indispensabile.

Com'è cambiata la concezione della produzione energetica in Giappone dopo Fukushima?
Inizialmente, l’ondata emotiva è stata comprensibilmente grande. Riassorbito lo shock, resta una grande consapevolezza nell’élite del paese di quanto la tecnologia nucleare sia indispensabile per garantire il benessere e la sicurezza del Giappone nel lungo periodo. Peraltro, l’alternativa al nucleare in questi anni è stata una maggiore dipendenza dalle importazioni di gas e carbone, con effetti molto negativi sulla bilancia commerciale giapponese e sul livello di emissioni climalteranti.

Qual è il ruolo dell'italia nei mercati internazionali, e quali sono le strategie adottate dalle imprese?
L’Italia è una paese dipendente dalle importazioni, sia di petrolio sia di gas naturale. Nel caso del petrolio, i consumi italiani valgono poco più dell’1% del mercato mondiale: in questo settore, la sicurezza energetica del paese dipende dalla stabilità e dal corretto funzionamento dei mercati internazionali. Nel caso del gas naturale, la stabilità delle forniture dipende invece dai fornitori collegati via tubo alla rete nazionale. Per questi produttori, il mercato italiano rappresenta invece uno sbocco molto importante e la cooperazione, anche istituzionale, gioca spesso un ruolo importante. Per quanto riguarda le imprese, Eni, Enel, Edison e alcuni grandi gruppi di municipalizzate hanno una lunga storia di attività in Italia e rappresentano un settore industriale importante per il paese. Al pari degli altri paesi europei, però, l’Italia ha scelto la via dell’apertura del mercato alla concorrenza e di riduzione dell’intervento pubblico. Oggi, i grandi operatori nazionali rispondono a strategie essenzialmente economiche e alla logica di creazione di valore per i propri azionisti.

Quanto costa all'Europa la sicurezza energetica? Da chi viene pagata?
È impossibile quantificare, perché ogni misura di politica energetica ha molte ricadute in ambiti diversi. Per esempio, i generosi sussidi alle rinnovabili pagati da Italia e Germania hanno aumentate la produzione interna e quindi ridotto i rischi alla sicurezza derivanti dalla dipendenza dalle importazioni. Sarebbe però difficile dire quanta parte dei 13 miliardi di sussidi pagati in bolletta dagli italiani ogni anno sia da considerarsi un costo di sicurezza e quanto una misura ambientale o di redistribuzione sociale. In generale, è però possibile dire che l’esistenza di un mercato ampio e liquido, dove realizzabile, è lo strumento più efficace per garantire la sicurezza dei consumatori. Perché quando ci sono molti fornitori in reale concorrenza tra loro, se uno viene meno, altri possono sostituirlo. Come accade nel mercato del carbone, di cui non a caso si sente poco parlare, in termini di rischio per la sicurezza, nonostante rappresenti una quota dei consumi energetici mondiali analoga a quella del petrolio.

La crisi ucraina ha messo a repentaglio le forniture di energia per l'Europa, quali politiche “salva gas “ sono state attuate dagli stati per placare questa possibile rottura?
La migliore politica “salva gas” è quella di collaborare con chi il gas già ce lo fornisce, ossia con la Russia. Nonostante le divergenze politiche su altri temi, le forniture da parte russa non sono mai state messe in discussione. Per Gazprom, l’Unione Europea è di gran lunga il mercato più importante: la compagnia russa dipende dall’accesso al mercato europeo perfino più di quanto gli importatori europei dipendano dal gas russo. Questa reciproca dipendenza rende i flussi di gas russo più affidabili di quanto non appaia mediaticamente.

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