lunedì 29 agosto 2016

Venezuela e crisi economica. Dall'impronta boliviana di Hugo Chàvez a quella di Nicolàs Maduro

Venezuela e crisi economica: dall'impronta boliviana di Hugo Chavez a quella di Nicolas Maduro



Le cause della crisi economica in Venezuela non vanno ricollegate al crollo del prezzo del greggio bensì al galoppante incremento della spesa pubblica che ha portato ad alti tassi di inflazione  durante la quindicennale presidenza di Hugo Chávez.[1]

Definito come “il presidente della rivoluzione incompiuta” diventa leader del Venezuela a partire dal gennaio 1999 per tre mandati, fino al marzo del 2013 quando verrà stroncato da un cancro. Di lui si ricorda il suo ruolo come politico e militare venezuelano e, nello specifico,  il fallimentare golpe del 1992, che lo ha portato a due anni di prigionia e che gli permise di incrementare consensi da parte di un’opinione pubblica oramai stanca dell’incompetenza e nauseata dalla corruzione della classe politica.[2]

La sua ideologia trae ispirazione dal socialismo del XXI secolo, e dal pensiero di Simón Bolívar, rivoluzionario venezuelano ricordato come il libertador, poiché diede un contributo importante all’indipendenza di paesi come Colombia, Ecuador, Bolivia, Venezuela, Panama, Perù.

Bolivar, precursore degli ideali della rivoluzione americana, per certi aspetti si distacca dal pensiero dei padri fondatori, abolendo, ad esempio, la schiavitù nei territori da lui controllati. Non riponendo fiducia nel sistema politico federale, Bolìvar credeva che l’entità centrale dovesse ricoprire un ruolo predominante sulle realtà regionali.[3]

La politica economica di Hugo Chavez era finalizzata ad aiutare le classi più disagiate, in alcune circostanze i miglioramenti delle condizioni sociali si tramutavano in termini di beni e/o benefici come una casa, un’istruzione e delle cure mediche; e ancora redistribuzione dei proventi derivanti dalla principale risorsa economica: il petrolio. Il modello ha funzionato fino a quando gli alti prezzi del petrolio permettevano di non preoccuparsi dei costi della spesa pubblica e fino a quando la rivoluzione non si è incancrenita e non sono aumentati i fenomeni violenti e criminali nel Paese .[4]

L’altra faccia della medaglia però prevedeva la nazionalizzazione di imprese private,  conduzione spregiudicata dell’economia e una serie di comportamenti dittatoriali, tra cui l’intimidazione dell’opposizione ed i limiti posti alla libertà di stampa (che si concretizzeranno a pieno sotto la presidenza Maduro).

Fra le manovre che contraddistinsero la sua presidenza si ricordano: la svalutazione competitiva della moneta nazionale,  l’uscita del Venezuela dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale, la lotta contro l’analfabetismo e la malnutrizione, oltre che un impegno a  garantire assistenza medica e medicinali gratuiti.  In politica estera Chávez voleva fare dell’America Latina una potenza sottraendola all’egemonia degli Stati Uniti. Tale piano poteva concretizzarsi grazie ad una congiunzione ideologica di tipo boliviana, fra due realtà statali, quella venezuelana e quella cubana dei fratelli Castro. Fra i principali alleati si ricordano la Bolivia di Evo Morales, l’Ecuador di Rafael Correa e il Nicaragua di Daniel Ortega. Erano dunque messi a repentaglio i rapporti con gli Stati Uniti, principale acquirente del petrolio venezuelano.  Il Chavismo, ha portato in risalto i ruoli dello stato e della politica come soluzione ai problemi economici e sociali in tale ottica è sorta l’ Alleanza Bolivariana per le Americhe, un progetto di cooperazione politica, sociale ed economica tra i paesi del Sud America sorto nel 2004 per volontà di Chavez e Fidel Castro in contrapposizione alle iniziative di integrazione regionale liberiste. Si ricordano anche: l’Unione delle Nazioni Sudamericane, ovvero una piattaforma di integrazione economica regionale sul modello dell'Unione Europea istituito nel 2008 e operativo nel 2011, e infine la Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici sorto nel 2011. I progetti di integrazione regionale di stampo bolivariano e il conseguente peso geopolitico acquisito grazie al petrolio, hanno rappresentato dei tasselli fondamentali per la politica estera venezuelana.[5]

L’opposizione agli Stati Uniti ha costituito una componente essenziale della politica internazionale del Venezuela, in ottimi rapporti con tutti i paesi rivali di Washington: Russia, Bielorussia,  Libia, Corea del Nord,  Cina, Iran e Siria. Nell’ultimo periodo però, forse complice il peggioramento delle sue condizioni di salute, Hugo Chàvez decide di attuare un cambio di rotta che lo porta ad un rinsaldamento dei rapporti con gli USA.

Il comandante morente aveva designato come suo successore Nicolàs Maduro. Volontà assai profetica e che trova conferma nella vittoria delle elezioni avvenute quaranta giorni dopo la morte di Hugo Chavez ( 5 marzo 2013)  con un margine assai ridotto sull’oppositore Henrique Capriles e tra polemiche su possibili brogli. Un risultato così risicato da mettere in dubbio la legittimità del processo elettorale.[6]  Ha votato quasi l’80% degli aventi diritto. Nicolás Maduro ha vinto le prime elezioni presidenziali del Venezuela post Hugo Chávez con il 50,7% dei voti; 7 milioni 500 mila voti contro i 7 milioni 270 mila del rivale Henrique Capriles Radonsky.[7]

Seguendo la scia del socialismo boliviano, Maduro si trovava a fare i conti con la gravosa eredità economica, politica e internazionale lasciata dal suo predecessore: un paese politicamente polarizzato e istituzionalmente indebolito. Da una parte le classi più povere si trovavano in una situazione di vantaggio dall’altra la bilancia economica dipendeva dal petrolio  a cui si aggiungevano corruzione e cattiva gestione del governo del paese a cui fecero seguito una serie di proteste popolari che vanno dalla metà del 2013 ad oggi.[8]

Per cercare di mantenere il controllo sulla macchina statale, Maduro ha dato inizio ad una Blitzkrieg caratterizzato da una serie di misure anti-democratiche, segnale che mostra come il governo venezuelano non voglia dialogare con le opposizioni.

Oggi in Venezuela c’è scarsità di generi alimentari, il deficit pubblico ha assunto dimensioni preoccupanti e sono frequenti i black out.

Nel mese di maggio del  2016 viene dichiarato  lo stato di emergenza: l’esercito e la polizia vengono autorizzati a  distribuire e vendere cibo mentre i comitati locali  dovranno garantire la sicurezza del paese.

Nei  primi anni del governo Maduro la situazione economica, non ha fatto che peggiorare, dalla caduta del Pil intorno al 9%, all’inflazione che ha sfiorato il 200% all’anno, mentre il valore del bolivar si è polverizzato rispetto al dollaro. Nelle botteghe mancano i beni di prima necessità, il mercato nero comincia a ritagliarsi una fetta consistente del mercato a cui si  aggiunge una carenza di medicine, condizioni lavorative disumane e spesso svolte in assenza di acqua. Le disfunzioni dell’economia possono essere imputate alle scelte radicali e populiste di Chávez: l’attacco all’imprenditoria privata, il controllo dei prezzi, l’eccesso di spesa pubblica, l’esplosione della corruzione.

Un altro problema è quello del controllo delle nascite, ma contraccettivi comuni sono diventati introvabili  motivo per il quale un numero sempre più alto di donne decide di ricorrere alla sterilizzazione grazie anche ad un programma sanitario che ne prevede la procedura, in maniera gratuita, alcune volte a settimana. Malgrado il Venezuela sia è un paese molto cattolico, le donne rinunciano ad avere figli.

Si tende spesso a paragonare l’attuale condizione venezuelana con quella del Cile di Salvador Allende prima del golpe di Pinochet.[9]

L’opposizione tutt’ora fa terra bruciata al leader venezuelano, che ha chiesto già nel 2015 un referendum sulla sua destituzione ma il governo si è opposto; dure anche le parole di Luis Almagro, segretario generale dell’organizzazione degli stati americani in cui etichetta Maduro come un dittatore. [10]

Ne vengono rivalutati i meriti che non fanno di lui un leader carismatico  e politicamente sagace come il suo predecessore; ci si interroga inoltre sulle capacità del Venezuela di riuscire o meno e in che tempi a uscire dalla crisi. Sembrano esserci dei buoni presupposti dati, ad esempio, da accordi con la Cina per ottenere nuovi finanziamenti in cambio rifornimenti petroliferi potrebbe dare un po’ di respiro all’economia venezuelana e le permettono di ripagare parte dei debiti e interessi maturati.[11]

Maria Martina Bonaffini




[3] https://it.wikipedia.org  ultimo accesso in data 21-08-2016
[4] http://www.limesonline.com/maduro-un-presidente-delegittimato-per-il-venezuela-del-dopo-chavez  ultimo accesso in data 19-08-2016
[7] http://www.limesonline.com/maduro-un-presidente-delegittimato-per-il-venezuela-del-dopo-chavez  ultimo accesso in data 19.08-2016
[8] https://it.wikipedia.org/wiki/Nicol%C3%A1s_Maduro ultimo accesso in data 21-08-2016

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