sabato 24 gennaio 2015

La sfida elettorale e il dopo voto in Grecia

#Specialeelezioni
La sfida elettorale e il dopo voto in Grecia

In queste ultime settimane i media nostrani e internazionali stanno trattando la questione delle elezioni in Grecia, se non in modo drammatico-catastrofista, molto spesso con toni scandalistici da tabloid britannico. Cerchiamo allora di mettere in chiaro le dinamiche elettorali del voto greco e le opzioni politiche sottese. I principali partiti che il 29 Gennaio si contenderanno il primato del voto popolare sono notoriamente SYRIZA e Nea Democratia. Gli ultimi sondaggi (Gpo, e Università della Macedonia per Skai) danno un vantaggio di circa 4-5 punti percentuali a SYRIZA, stimata attorno al 31%, rispetto a Nea Democratia che si ferma intorno al 26%. Gli altri partiti minori veleggiano su percentuali decisamente inferiori,  6% il populista To Potami e il neonazista Alba Dorata, 5% KKE (marxisti) e PASOK, la destra anti-austerità dei Greci Indipendenti in discesa intorno al 3%. Ma facciamo un passo indietro e diamo uno sguardo al sistema elettorale ellenico. Il sistema elettorale greco è in sostanza un sistema di tipo proporzionale, con aggiustamenti in senso maggioritario, in particolare la soglia di sbarramento al 3% per i partiti (calcolata a livello nazionale) e il premio di maggioranza (50 seggi) al partito che a livello nazionale ottiene il maggior numero di voti. Premio che garantisce la maggioranza assoluta dei seggi della “Boulé”, unica camera del parlamento composta da 300 deputati, nel caso in cui la lista vincente ottenga almeno il 40,5% dei voti. Ad essere precisi dato il meccanismo di ripartizione dei seggi elettorali, qualora la percentuale dei partiti, che non superano la soglia di sbarramento raggiunga il 15% (essendo esclusi dai 250 seggi assegnati col proporzionale), si potrebbe ottenere la maggioranza assoluta in Parlamento con solo il 34,5% dei suffragi. Come si fa presto a notare le possibilità di un governo monocolore sono piuttosto esigue, le alleanze post-elettorali sembrano essere una strada obbligata. Stando ai sondaggi probabilmente toccherà ad Alexis Tsipras, leader della coalizione della sinistra radicale, condurre le trattative per cercare tra le forze parlamentari un accordo possibile per la formazione di un Governo. Nea Democratia e Alba Dorata, l’una per la confermata subalternità alla Troika, l’altra per l’ispirazione neo-nazista, non possono considerarsi interlocutori possibili. Lo stesso KKE, seppur di matrice ideologica più vicina, non sembra, per le sue posizioni di radicale critica al progetto europeo e alla moneta comune, disponibile ad accordi di governo. Un tentativo, sulla base di parole d’ordine anti-casta e un ammorbidimento della linea anti-memorandum, potrebbe essere fatto dunque con To Potami, il partito populista ma fortemente europeista fondato nel 2014 da Stauros Theodōrakīs, un giornalista televisivo. La ormai poco probabile vittoria di Nea Democratia , con la riproposizione dell’alleanza col PASOK di questi ultimi anni, invece, garantirebbe alla Grecia un accordo di governo meno estemporaneo e più collaudato, iscritto in una cornice di armonica convivenza con BCE, Commissione e FMI. Ma lo scenario che realmente rischia di isterizzare i mercati (la borsa di Atene è costantemente al ribasso da un paio di settimane, sebbene ieri abbia rimbalzato fortemente dopo il sì della BCE al Quantitative Easing di Draghi), è, più che l’ipotesi per me remota, ma su cui torneremo, del famigerato “Grexit”, il possibile stallo politico sulla falsa riga di quanto accaduto nel 2012. Se nessuna forza politica riuscisse a formare un Governo, si verificherebbe una situazione di ingorgo istituzionale, per cui il Parlamento appena insediato dovrà eleggere il Presidente della Repubblica che indirà nuove elezioni, prolungando la fase di tensioni interne e incertezza che preoccupa risparmiatori, creditori e investitori esteri.
È indubbio dunque, che il 25 Gennaio non sarà altro che il fischio d’inizio della partita greca (e chissà europea..), che si giocherà, tutta, all’indomani del voto.
Luca Scaglione

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