- EDIZIONE STRAORDINARIA -
Dalla Turchia a Lampedusa, la Francia è lontana
Dalla nascita del colonialismo fino alla sua fine,
giungendo ai giorni d'oggi, le super potenze Europee hanno stimato grandi
ricchezze e mantenuto rapporti diretti con le proprie terre. Anche se non si
parla più in termini di colonialismo, bandito da ogni Carta e Convenzione
internazionale, molti Paesi hanno mantenuto rapporti privilegiati che spesso,
come racconta la storia degli ultimi 20 anni, ha portato a destabilizzazione e
alla nascita di correnti nazionaliste pericolose. Facendo un notevole salto storico,
senza addentrarci dentro la storiografia del terrorismo internazionale e delle
sue mille sfaccettature, giungiamo alle conseguenze prevedibili che questo ha
originato: la fuga dalla paura. Chi fugge, e noi di Imesi lo abbiamo già
ripetuto tra seminari e report, sono bambini, famiglie povere alla ricerca
della tranquillità e di un nuovo futuro lontano da quello che non considerano
più il vero focolare domestico. Chi fugge rischia sicuramente di scontrarsi con
gli imprevisti previsti (gioco di parole voluto e dovuto) della realtà: barconi
che affondano, prigionie, torture e violenze. Spesso e volentieri dietro a
tutto ciò c'è il terrorismo internazionale, oggi conosciuto come IS, che
organizza spedizioni verso le nostre terre dietro corrispettivi ingenti.
L'Europa ancora non è in grado di reagire e organizzarsi di fronte a questo
straordinario fenomeno, inteso come immigrazione e terrorismo. Agisce divisa e
mostra i suoi lati deboli: il nazionalismo soffocante che vince sulla politica
di una Europa-Stato che dovrebbe parlare in un'unica voce. La recentissima
mossa dello scacchiere di Bruxelles è stata creare un piano "salva
Turchia" che suona più come una mossa del tipo "io ti aiuto ma
ricordati dell'Europa" che sfocia in un accordo milionario per contribuire
ad aiutare Ankara a gestire il grandioso flusso dei profughi siriani e iracheni
che giungono nei campi, ormai allo stremo, delle città di confine. Gestione
intesa in termini di accampamenti, controlli di qualità, cibo e contrasto al
terrorismo. La Turchia, e come non dar torto a Bruxelles, da mesi viene
giornalmente assediata da chi fugge da Raqqa, Kobane, Mossul e fin qui siamo
tutti solidali. Aiutiamo la Turchia.
Spostandoci un po' più a sud dell'Europa, la questione
diventa ancor più delicata. E qui, a proposito di nazionalismi, un'isola e una
comunità viene lasciata sola a fronteggiare migliaia di arrivi dalla Libia e
che solamente con il grandioso appoggio delle Ong locali e di alcune
organizzazioni umanitarie nazionali e un paio di agenzie ONU si riesce a
gestire lo straordinario flusso di esseri umani. Mancano altre strutture
adeguate perché le uniche rimaste sono al collasso, però non viene a mancare
l'amore dei Lampedusani verso chi soffre e continua a sognare. Si, stiamo
parlando di quella terra ricca di paesaggi naturalistici unici al mondo,
Lampedusa, e dei suoi abitanti che nel lontano 2012 hanno accolto nelle proprie
case gli immigrati che scappavano dalle coste nord Africane. L'unico
riconoscimento politico di Bruxelles è stato la presenza di Barroso, l'allora
Presidente della Commissione Europea, a commemorare le centinaia di vittime
naufragate di fronte il porto dell'Isola. Da lì ad oggi, tante parole, tanti
elogi ma pochi fatti concreti. Lampedusa merita un trattamento diverso e di
certo le ultime dichiarazioni del ministro francese non spingono in questa
direzione.
C'è chi teme, come Jean-Yves Le Drian, che a Lampedusa ci
sia il rischio di infiltrazioni dell'IS, proprio perché è la prima frontiera a
soli 300 km dalla Libia, dove Daesh sta avanzando senza ostacoli. Se
veramente a Lampedusa ci sia il rischio che lo Stato Islamico possa levare in
cielo la propria bandiera nera, allora, i nostri servizi segreti, tra i più
lodevoli sul piano internazionale, dovrebbero rivalutare le proprie competenze.
E non credo sia così, anzi. Penso che si stia esagerando, o forse, e spero di
sbagliarmi, il ministro francese non sia a conoscenza delle reali preoccupazioni
che il suo Paese sta attraversando sul piano interno e della sicurezza
internazionale. Lo Stato Islamico è già presente in Europa e questo è sotto gli
occhi di tutti. Le recenti sanguinose stragi di Parigi hanno appurato che i
terroristi erano cittadini francesi e mai partiti da Lampedusa. L'obiettivo
dello Stato islamico è politico e non di certo colpire i punti logistici, come
Lampedusa. L'Italia non ha bisogno dei consigli francesi in tema di terrorismo
e di controllo delle proprie frontiere, semmai ha bisogno di una Europa unita e
che rivaluti le politiche, fin qui anemiche, della gestione all'immigrazione,
relegando all'Italia un ruolo di primo piano, concedendo risorse per la
creazione di nuovi Centri di accoglienza. Inoltre, sappiamo che chi arriva a
Lampedusa, proprio perché la prima frontiera dopo lo Stato Islamico, viene
individuato, schedato e segnalato e qui il grande lavoro che i funzionari Frontex e le forze dell'ordine italiane stanno
svolgendo nel piccolo centro dell'isola, grazie anche alla creazione dell'Hotspot.
Le preoccupazioni del Ministro Le Drian, quindi, suonano
come una strategia volta a scoraggiare il turismo nell'isola, metà molto ambita
dai francesi, alle porte di una stagione che deve rilanciare l'economia
lampedusana. I disperati che arrivano lungo le nostre coste scappano dall'IS e
non crediamo assolutamente che un terrorista possa imbarcarsi e rischiare la
vita come la rischiano ogni giorno centinaia di profughi. Oggi chi miete
terrore è chi conosce profondamente le istituzioni e la storia del Paese verso
cui vuole dimostrarsi e non a caso la storia recente l'ha testimoniato. Questa
volta la Francia ha perso l'ennesima occasione per restare a riflettere, in
silenzio.
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