mercoledì 18 maggio 2016

Nato - Russia: il ritorno dell'Intermarium

Nato - Russia: il ritorno dell'Intermarium


In Romania, a Deveselu, viene schierato e reso operativo un componente dello scudo antimissile Aegis Ashore (BMD)[i]. Si tratta di un sistema più ampio che comprende un radar in Turchia (a Kürecik), navi dotate della strumentazione Aegis (anti-missili balistici) e per il 2018 sarà reso operativo un ulteriore componente dello scudo antimissile a Redzikowo in Polonia. Formalmente si tratta di un sistema antimissile per difendersi dal “pericolo iraniano” e dall’instabilità mediorientale ma ovviamente tali affermazioni hanno sempre suscitato l’ilarità della diplomazia russa, che lo percepisce come una diretta minaccia alla sicurezza nazionale. D’altra parte l’accordo raggiunto sul nucleare iraniano non ha minimamente modificato lo schieramento del sistema antimissile in territorio europeo. Il sistema antimissile BMD ha rafforzato la “cavalcata” verso Est della Nato iniziata alla fine degli anni novanta (tuttora in espansione). Dopo avere perso la propria ragion d’essere antisovietica, la Nato si è rimodellata in piena dottrina Wolfowitz e hybris unipolare, sancendo la propria aggressività imperialistica in occasione della guerra contro la Jugoslavia (come ha ben fatto notare Sergio Romano – dal passato non certamente filosovietico –  nei suoi recenti lavori[ii]).

La Russia considera il dispiegamento del sistema antimissile una minaccia alla sicurezza nazionale e alla stabilità europea. Maria Zakharova, portavoce del ministero degli affari esteri della Federazione Russa, in un’intervista rilasciata all’agenzia ITAR TASS ha affermato che “la situazione strategica in Europa sta diventando molto più complicata a causa di questo”[iii].  Tale posizione è stata ribadita anche dall’ammiraglio Vladimir Komoyedov, capo della commissione difesa della Duma, il quale ha affermato che “questo non riguarda l’Iran ma la Russia con le sue capacità nucleari”[iv] (secondo la Nato si tratterebbe di “paranoie” russe da sindrome d’accerchiamento). Basta però dare un’occhiata ad una qualsiasi rappresentazione cartografica che evidenzi la contesa Nato-Russia per rendersi conto della realtà dei fatti: dall’Estonia alla Turchia, passando per Lettonia, Lituania, Polonia, Romania e Bulgaria è presente una vera e propria linea di contenimento antirusso che abbraccia gran parte dei paesi dell’ex patto di Varsavia o dell’ex Jugoslavia (la National Security Strategy russa del 2015 riprende la dottrina militare del dicembre 2014 in cui la Nato viene considerata la minaccia principale alla sicurezza nazionale). L’Ucraina dopo il golpe di Maidan è entrata a far parte del campo occidentale antirusso ed è in cantiere l’ integrazione del Montenegro all’interno della Nato. Si rispolvera il “prometeismo”, piano antisovietico elaborato da Józef Piłsudski agli inizi del Novecento mirante a ricostituire l’Intermarium tra il Mar Baltico e il Mar Caspio in memoria della Confederazione Polacco-Lituana. Nell’ambito della dottrina Intermarium spettava un ruolo importante all’Ucraina in quanto un’Ucraina antirussa avrebbe limitato l’accesso della Russia al Mar Nero[v]. La dottrina Intermarium è stata ripresa in forme diverse negli anni successivi e molti analisti hanno fatto notare come oggi la Nato rispolveri il “prometeismo”, puntando proprio sui paesi baltici, sulla Romania, sulla Polonia e sull’Ucraina per la formazione di una vera e propria linea di contenimento contro la Russia.

La Russia ha peraltro rischiato di perdere non soltanto la base di Tartus in Siria (ormai al sicuro) ma addirittura la storica base di Sebastopoli sul Mar Nero. Oltre ad evidenti motivazioni di importanza strategica (sbocco russo nel Maro Nero e quindi nel Mediterraneo), sono presenti importanti motivazioni di natura storica. Sebastopoli è stata sottoposta a un duro assedio di nove mesi durante la seconda guerra mondiale e la resistenza dell’Armata Rossa venne infine piegata dalle truppe dell’Asse (fu poi liberata dall’Armata Rossa nel 1944). Sarebbe stato difficile immaginare Sebastopoli, onorata come “città eroina” per la resistenza antinazista, in mano alle milizie banderiste rispondenti a Kiev che hanno fatto piazza pulita di ogni monumento che ricordasse il passato sovietico, riscrivendo la storia del proprio paese. Dal prossimo anno centinaia di carri armati e veicoli militari saranno schierati lungo i confini orientali della Nato come deterrente contro “l’aggressività russa” e alcuni tra i paesi più oltranzisti all’interno della Nato – Polonia in primis – vorrebbero “precauzioni” militari ancora più forti e stabili contro la Russia[vi]. Sergej Lavrov, ministro degli affari esteri della Federazione Russa, in una recente intervista rilasciata al quotidiano svedese Dagens Nyheter ha ribadito che le infrastrutture militari della Nato si stanno sempre più avvicinando ai confini della Russia, affermando che “quando la Russia si adopera per garantire la propria sicurezza, ci viene detto che la Russia è impegnata in pericolose manovre vicino ai confini della Nato” e che “in realtà i confini della Nato si stanno avvicinando alla Russia, non il contrario”. Lavrov ha anche fatto notare che l’ultimo incidente nel Baltico era legato a un “cacciatorpediniere statunitense armato di decine di missili da crociera che navigava a poche dozzine di chilometri dalla base russa a Baltiysk, che è territorio russo”[vii].

Ci troviamo oggi di fronte a un potenziale arco di crisi Nato-Russia che va dal Baltico alla Siria, dove un eventuale coinvolgimento militare turco rischierebbe di portare a un’escalation (fino ad ora saggiamente evitata da entrambe le parti). Si pone quindi il grande problema del rischio di nuove guerre che coinvolgano direttamente potenze più che regionali o addirittura globali. L’attuale contesa Nato-Russia non va letta come una riproposizione della “guerra fredda” e, per certi versi, è anche più insidiosa dato che tra Stati Uniti e Russia oggi c’è un’evidente incomprensione mentre “allora i decisori delle due potenze si capivano, suonavano spartiti diversi sulla stessa tastiera”[viii]. L’equilibrio di quegli anni si basava sul riconoscimento reciproco di uno status paritario tra le due superpotenze mentre dopo il crollo del campo socialista gli Stati Uniti hanno rilanciato la loro egemonia globale con pretese unipolari. La Russia è stata trattata quasi da paese sconfitto militarmente e oggi assistiamo ai primi smottamenti di un mondo in via di cambiamento. Alla Russia sta stretta la definizione obamiana di “potenza regionale” mentre la Cina – vera competitrice su scala globale anche se in una posizione più attendista – si trova a fronteggiare il pivot to Asia contornato dal TPP che fa il paio dal TTIP euro-atlantico. Russia e Cina si trovano d’accordo anche nell’opposizione allo schieramento del THAAD (sistema di difesa missilistico nell’area Asia-Pacifico) come hanno ribadito i due ministri degli esteri Wang Yi e Sergej Lavrov a fine aprile[ix]. Si pone un problema similare a quello appena affrontato in Europa: gli Stati Uniti affermano che si tratta di un sistema antimissile rivolto contro potenziali minacce nordcoreane mentre la Repubblica Popolare Cinese ritiene che possa neutralizzare anche i propri missili. Wang Yi ha ribadito che “una volta schierato, il sistema rappresenterebbe una minaccia diretta alla sicurezza strategica di Cina e Russia”, non contribuendo a risolvere la questione nordcoreana e alterando gli equilibri regionali. Il sistema di difesa antimissile, pur essendo rivolto alla “difesa”, ha in realtà una potenzialità pericolosamente offensiva se riuscisse a neutralizzare i missili provenienti da Russia e Cina (attualmente non è comunque in grado di farlo). Permetterebbe agli Stati Uniti di lanciare un primo colpo nucleare impunito, nullificando la capacità dissuasiva delle altre potenze.
Federico La Mattina

Note




[i] http://www.nato.int/cps/en/natolive/topics_49635.htm
[ii] Si veda ad esempio S. Romano, In lode della guerra fredda, Milano, Longanesi, 2015.
[iii] http://tass.ru/en/politics/875282
[iv] russia-calls-new-u-s-missile-shield-romania-direct-threat-n572651
[v] Vedi V. Gulevich, La dottrina Intermarium e l’integrazione dell’Ucraina con l’Europa, trad. it.: http://www.geopolitica-rivista.or. Vedi anche F. La Mattina, Tra Medio Oriente e Ucraina, cronache di un’egemonia in declino,  http://www.marx21.it/index.php/internazionale/pace-e-guerra/25948-tra-medio-oriente-e-ucraina-cronache-di-unegemonia-in-declino.
[vi] Si veda G. Lubold, J. E. Barnes, Pentagon Readies More Robust U.S. Military Presence in Eastern Europe, “The Wall Street Journal”, 30/3/2016. Vedi anche J. R. Deni, Poland Wants More Than NATO Can Give, “The National Interests”, 10/02/2016.
[vii] http://www.mid.ru/en/foreign_policy/news/-/asset_publisher/cKNonkJE02Bw/content/id/2258885
[viii] Due per due fa cinque?, in “Limes, rivista italiana di geopolitica”, 1/2016, p. 19. Si rimanda anche a Virgilio Ilari, La ‘terza guerra mondiale a pezzi’, in “Limes, rivista italiana di geopolitica”, 2/2016, pp. 69-74.
[ix] http://edition.cnn.com/2016/04/29/asia/north-korea-missiles-china-russia-us/

2 commenti:

  1. Articolo interessante ma solamente una notazione: l'ampliamento delle forze militari della NATO nell'Europa dell'est sono una diretta reazione alla politica espansionistica ed interventista russa, a cominciare dall'annessione illegale della Crimea, per finire all'entrata in guerra in Siria dove ha scelto di schierarsi con Bashar Al - Assad. La NATO quindi sceglie una politica difensiva in un mondo multipolare e non unipolare. In secondo luogo il sistema missilistico in Asia Pacifico può sicuramente essere "minaccioso" per Cina e Russia, ma è incanalato in una nuova e vasta politica di cooperazione che vede sostanzialmente d'accordo Stati Uniti e Cina su alcuni punti, per fronteggiare il pericolo comune nordcoreano

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  2. Intanto grazie per il commento. L'ampliamento delle forze Nato può essere letto come reazione alla "politica espansionista ed interventista russa" solo se lo non si legge in una prospettiva almeno ventennale, di cui la guerra di Georgia e il riconoscimento del Kosovo sono stati gli ultimi atti, preceduti da altro.
    In Siria sono state potenze occidentali, petromonarchie e Turchia a scegliere dubbie alleanze mentre la Russia ha sostenuto un suo storico alleato dai tempi dell'Urss, peraltro con la base di Tartus.
    La Cina è contraria al nucleare nordcoreano proprio perché non vuole che gli Stati Uniti lo considerino un pretesto per militarizzare ancora di più la regione (e quindi contenere la Cina). Non sono proprio d'accordo con la tua affermazione: per la Cina la Corea del Nord è attualmente un intralcio, non un nemico. Un intralcio di cui però non può fare a meno per diverse ragioni e per cui auspica un cambiamento di rotta.
    Federico

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