Nato - Russia: il ritorno dell'Intermarium
In
Romania, a Deveselu, viene schierato e reso operativo un componente dello scudo
antimissile Aegis Ashore (BMD)[i].
Si tratta di un sistema più ampio che comprende un radar in Turchia (a Kürecik),
navi dotate della strumentazione Aegis (anti-missili
balistici) e per il 2018 sarà reso operativo un ulteriore componente dello
scudo antimissile a Redzikowo in Polonia. Formalmente si tratta di un sistema
antimissile per difendersi dal “pericolo iraniano” e dall’instabilità
mediorientale ma ovviamente tali affermazioni hanno sempre suscitato l’ilarità
della diplomazia russa, che lo percepisce come una diretta minaccia alla
sicurezza nazionale. D’altra parte l’accordo raggiunto sul nucleare iraniano
non ha minimamente modificato lo schieramento del sistema antimissile in
territorio europeo. Il
sistema antimissile BMD ha rafforzato la “cavalcata” verso Est della Nato
iniziata alla fine degli anni novanta (tuttora in espansione). Dopo avere perso
la propria ragion d’essere antisovietica, la Nato si è rimodellata in piena
dottrina Wolfowitz e hybris unipolare,
sancendo la propria aggressività imperialistica in occasione della guerra
contro la Jugoslavia (come ha ben fatto notare Sergio Romano – dal passato non
certamente filosovietico – nei suoi
recenti lavori[ii]).
La
Russia considera il dispiegamento del sistema antimissile una minaccia alla
sicurezza nazionale e alla stabilità europea. Maria Zakharova, portavoce del
ministero degli affari esteri della Federazione Russa, in un’intervista
rilasciata all’agenzia ITAR TASS ha
affermato che “la situazione strategica in Europa sta diventando molto più
complicata a causa di questo”[iii]. Tale posizione è stata ribadita anche
dall’ammiraglio Vladimir Komoyedov, capo della commissione difesa della Duma,
il quale ha affermato che “questo non riguarda l’Iran ma la Russia con le sue
capacità nucleari”[iv]
(secondo la Nato si tratterebbe di “paranoie” russe da sindrome
d’accerchiamento). Basta però dare un’occhiata ad una qualsiasi
rappresentazione cartografica che evidenzi la contesa Nato-Russia per rendersi
conto della realtà dei fatti: dall’Estonia alla Turchia, passando per Lettonia,
Lituania, Polonia, Romania e Bulgaria è presente una vera e propria linea di
contenimento antirusso che abbraccia gran parte dei paesi dell’ex patto di
Varsavia o dell’ex Jugoslavia (la National
Security Strategy russa del 2015
riprende la dottrina militare del dicembre 2014 in cui la Nato viene
considerata la minaccia principale alla sicurezza nazionale). L’Ucraina dopo il
golpe di Maidan è entrata a far parte del campo occidentale antirusso ed è in
cantiere l’ integrazione del Montenegro all’interno della Nato. Si rispolvera
il “prometeismo”, piano antisovietico elaborato da Józef Piłsudski agli inizi
del Novecento mirante a ricostituire l’Intermarium
tra il Mar Baltico e il Mar Caspio in memoria della Confederazione
Polacco-Lituana. Nell’ambito della dottrina Intermarium
spettava un ruolo importante all’Ucraina in quanto un’Ucraina antirussa avrebbe
limitato l’accesso della Russia al Mar Nero[v].
La dottrina Intermarium è stata
ripresa in forme diverse negli anni successivi e molti analisti hanno fatto
notare come oggi la Nato rispolveri il “prometeismo”, puntando proprio sui
paesi baltici, sulla Romania, sulla Polonia e sull’Ucraina per la formazione di
una vera e propria linea di contenimento contro la Russia.
La
Russia ha peraltro rischiato di perdere non soltanto la base di Tartus in Siria
(ormai al sicuro) ma addirittura la storica base di Sebastopoli sul Mar Nero.
Oltre ad evidenti motivazioni di importanza strategica (sbocco russo nel Maro
Nero e quindi nel Mediterraneo), sono presenti importanti motivazioni di natura
storica. Sebastopoli è stata sottoposta a un duro assedio di nove mesi durante
la seconda guerra mondiale e la resistenza dell’Armata Rossa venne infine
piegata dalle truppe dell’Asse (fu poi liberata dall’Armata Rossa nel 1944).
Sarebbe stato difficile immaginare Sebastopoli, onorata come “città eroina” per
la resistenza antinazista, in mano alle milizie banderiste rispondenti a Kiev
che hanno fatto piazza pulita di ogni monumento che ricordasse il passato
sovietico, riscrivendo la storia del proprio paese. Dal
prossimo anno centinaia di carri armati e veicoli militari saranno schierati
lungo i confini orientali della Nato come deterrente contro “l’aggressività
russa” e alcuni tra i paesi più oltranzisti all’interno della Nato – Polonia in primis – vorrebbero “precauzioni”
militari ancora più forti e stabili contro la Russia[vi].
Sergej Lavrov, ministro degli affari esteri della Federazione Russa, in una
recente intervista rilasciata al quotidiano svedese Dagens Nyheter ha ribadito che le infrastrutture militari della
Nato si stanno sempre più avvicinando ai confini della Russia, affermando che
“quando la Russia si adopera per garantire la propria sicurezza, ci viene detto
che la Russia è impegnata in pericolose manovre vicino ai confini della Nato” e
che “in realtà i confini della Nato si stanno avvicinando alla Russia, non il
contrario”. Lavrov ha anche fatto notare che l’ultimo incidente nel Baltico era
legato a un “cacciatorpediniere statunitense armato di decine di missili da
crociera che navigava a poche dozzine di chilometri dalla base russa a
Baltiysk, che è territorio russo”[vii].
Ci
troviamo oggi di fronte a un potenziale arco di crisi Nato-Russia che va dal
Baltico alla Siria, dove un eventuale coinvolgimento militare turco
rischierebbe di portare a un’escalation (fino ad ora saggiamente evitata da
entrambe le parti). Si pone quindi il grande problema del rischio di nuove
guerre che coinvolgano direttamente potenze più che regionali o addirittura
globali. L’attuale contesa Nato-Russia non va letta come una riproposizione
della “guerra fredda” e, per certi versi, è anche più insidiosa dato che tra
Stati Uniti e Russia oggi c’è un’evidente incomprensione mentre “allora i
decisori delle due potenze si capivano, suonavano spartiti diversi sulla stessa
tastiera”[viii].
L’equilibrio di quegli anni si basava sul riconoscimento reciproco di uno status paritario tra le due superpotenze
mentre dopo il crollo del campo socialista gli Stati Uniti hanno rilanciato la
loro egemonia globale con pretese unipolari. La Russia è stata trattata quasi
da paese sconfitto militarmente e oggi assistiamo ai primi smottamenti di un
mondo in via di cambiamento. Alla Russia sta stretta la definizione obamiana di
“potenza regionale” mentre la Cina – vera competitrice su scala globale anche
se in una posizione più attendista – si trova a fronteggiare il pivot to Asia contornato dal TPP che fa
il paio dal TTIP euro-atlantico. Russia
e Cina si trovano d’accordo anche nell’opposizione allo schieramento del THAAD (sistema di difesa missilistico
nell’area Asia-Pacifico) come hanno ribadito i due ministri degli esteri Wang
Yi e Sergej Lavrov a fine aprile[ix].
Si pone un problema similare a quello appena affrontato in Europa: gli Stati
Uniti affermano che si tratta di un sistema antimissile rivolto contro
potenziali minacce nordcoreane mentre la Repubblica Popolare Cinese ritiene che
possa neutralizzare anche i propri missili. Wang Yi ha ribadito che “una volta
schierato, il sistema rappresenterebbe una minaccia diretta alla sicurezza
strategica di Cina e Russia”, non contribuendo a risolvere la questione
nordcoreana e alterando gli equilibri regionali. Il sistema di difesa antimissile, pur essendo rivolto alla “difesa”, ha in realtà una potenzialità pericolosamente offensiva se riuscisse a neutralizzare i missili provenienti da Russia e Cina (attualmente non è comunque in grado di farlo). Permetterebbe agli Stati Uniti di lanciare un primo colpo nucleare impunito, nullificando la capacità dissuasiva delle altre potenze.
Federico La Mattina
Note
[i]
http://www.nato.int/cps/en/natolive/topics_49635.htm
[ii] Si veda ad esempio S. Romano, In lode della guerra fredda, Milano, Longanesi,
2015.
[iii]
http://tass.ru/en/politics/875282
[iv]
russia-calls-new-u-s-missile-shield-romania-direct-threat-n572651
[v] Vedi V. Gulevich, La dottrina Intermarium e l’integrazione
dell’Ucraina con l’Europa, trad. it.: http://www.geopolitica-rivista.or. Vedi anche F. La Mattina, Tra Medio Oriente e Ucraina, cronache di
un’egemonia in declino,
http://www.marx21.it/index.php/internazionale/pace-e-guerra/25948-tra-medio-oriente-e-ucraina-cronache-di-unegemonia-in-declino.
[vi]
Si veda G. Lubold, J. E. Barnes, Pentagon
Readies More Robust U.S. Military Presence in Eastern Europe, “The Wall
Street Journal”, 30/3/2016. Vedi anche J. R. Deni, Poland Wants More Than NATO Can Give, “The National Interests”,
10/02/2016.
[vii]
http://www.mid.ru/en/foreign_policy/news/-/asset_publisher/cKNonkJE02Bw/content/id/2258885
[viii] Due per due fa cinque?, in “Limes, rivista italiana di
geopolitica”, 1/2016, p. 19. Si rimanda anche a Virgilio Ilari, La ‘terza guerra mondiale a pezzi’, in
“Limes, rivista italiana di geopolitica”, 2/2016, pp. 69-74.
[ix]
http://edition.cnn.com/2016/04/29/asia/north-korea-missiles-china-russia-us/
Articolo interessante ma solamente una notazione: l'ampliamento delle forze militari della NATO nell'Europa dell'est sono una diretta reazione alla politica espansionistica ed interventista russa, a cominciare dall'annessione illegale della Crimea, per finire all'entrata in guerra in Siria dove ha scelto di schierarsi con Bashar Al - Assad. La NATO quindi sceglie una politica difensiva in un mondo multipolare e non unipolare. In secondo luogo il sistema missilistico in Asia Pacifico può sicuramente essere "minaccioso" per Cina e Russia, ma è incanalato in una nuova e vasta politica di cooperazione che vede sostanzialmente d'accordo Stati Uniti e Cina su alcuni punti, per fronteggiare il pericolo comune nordcoreano
RispondiEliminaIntanto grazie per il commento. L'ampliamento delle forze Nato può essere letto come reazione alla "politica espansionista ed interventista russa" solo se lo non si legge in una prospettiva almeno ventennale, di cui la guerra di Georgia e il riconoscimento del Kosovo sono stati gli ultimi atti, preceduti da altro.
RispondiEliminaIn Siria sono state potenze occidentali, petromonarchie e Turchia a scegliere dubbie alleanze mentre la Russia ha sostenuto un suo storico alleato dai tempi dell'Urss, peraltro con la base di Tartus.
La Cina è contraria al nucleare nordcoreano proprio perché non vuole che gli Stati Uniti lo considerino un pretesto per militarizzare ancora di più la regione (e quindi contenere la Cina). Non sono proprio d'accordo con la tua affermazione: per la Cina la Corea del Nord è attualmente un intralcio, non un nemico. Un intralcio di cui però non può fare a meno per diverse ragioni e per cui auspica un cambiamento di rotta.
Federico