- EDIZIONE STRAORDINARIA -
La guerra in casa nostra: Brexit e il futuro dell'Europa
La delicata situazione politica europea
che, oggi, si sta venendo a delineare, deriva da un processo lungo e macchinoso
che vede contrapposti una Gran Bretagna, tradizionalmente poco linked ai principi economici europei, ed
una Europa, mai come adesso divisa su molteplici punti. In occasione del vertice
del Consiglio Europeo che si terrà proprio oggi, Cameron rinegozierà i punti
cruciali che fin ad ora sono serviti ben poco a risolvere la tanto delicata
questione anglo-europea, e che aprirà la strada al referendum di Giugno dove si
deciderà per l'uscita o meno della Gran Bretagna dalla famiglia di Bruxelles. Le vicissitudini interne al governo
inglese, in particolar modo la battaglia portata avanti da Cameron contro la
sua opposizione che chiedeva maggiori garanzie contro l'ingerenza europea,
hanno portato a delle formali richieste che Bruxelles ha immediatamente
declinato, o meglio contrattato, per la salvaguardia della solidarietà europea.
Cameron, aveva inviato per iscritto ai suoi principali partners europei quattro punti cruciali affinché la Gran Bretagna
potesse realmente continuare la sua vita all'interno del recinto europeo. Tra
queste spiccava la richiesta di definire l'Europa come "Unione a più
valute" e spezzare definitivamente i trattamenti privilegiati che godono i
Paesi dell'eurozona. Ma non era tutto. Le resistenze più forti sono state
riscontrate nella richiesta inglese di "vietare il godimento
dell'assistenza sociale ai lavoratori dell'Unione Europea che si trasferiscono
in Inghilterra". In particolare Francia e Germania si sono mostrate
contrarie a questi principi dettati da Londra, volte a minare alcuni dei
diritti fondamentali dei cittadini europei, come la libera circolazione
all'interno dell'Unione e la parità di diritti. Ad esempio, anche Norvegia e
Svizzera hanno accordi commerciali con l'Unione Europea ma in cambio si
impegnano a favorire la libera circolazione dei lavoratori.
Quindi, se lo scopo
della Brexit è dare una stretta
sull'immigrazione, pare molto difficile che si trovi un accordo. La battaglia
fino al prossimo referendum si giocherà su questi termini e temi. Già Cameron
ha fatto capire di non essere soddisfatto dalle proposte di Tusk. Servirebbe
uno sforzo maggiore per convincere l'opposizione eurofoba a votare contro la campagna Brexit. Fino a questo momento nessuno si è
sbilanciato apertamente su una possibile uscita di Londra o su una
rinegoziazione dei trattati, ma entrambi i casi avrebbero sicuramente effetti
non di poco conto sul sistema interno europeo. Al momento le uniche ipotesi che
possiamo avanzare riguardano al "come sarebbe l'Unione Europea senza la
Gran Bretagna". Si potrebbero osservare tre diverse dimensioni in cui il Brexit influenzerebbe le dinamiche
dell'Unione Europea. La prima riguarda l'incertezza sul piano economico.
Secondo alcuni studiosi, l'impatto macroeconomico sarebbe difficile da definire
in termini brevi, sicuramente se si avrà una crisi da Brexit, questa sarà nel lungo periodo, senza effetti particolari
nell'immediato. La seconda strada è analizzare le
dinamiche politiche tra gli Stati membri senza la Gran Bretagna. L'influenza
inglese nelle politiche decisionali europee è stata danneggiata, scemando
sempre più di valore, per il carattere ambivalente del governo di Londra verso Bruxelles.
Dalla Primavera araba, passando per la Siria fino ad arrivare alla tragica
politica migratoria, ancora non ben chiara. Ma, in ogni caso la Gran Bretagna
rimane un Paese leader nell'assetto geopolitico della Unione Europea. Sotto
questo punto di vista Brexit
significherebbe un cambio nelle relazioni politiche con gli altri Stati membri,
in particolare con Francia e Germania. Anzi, l'uscita di Londra rafforzerebbe
il legame tra Hollande e la Cancelliera Merkel, andando a cementificare la
posizione francese alle spalle della Germania in termini di influenza.
La terza via potrebbe essere quella del
classico "contagio politico". Le tensioni insite al sistema politico
inglese, in termini di allontanamento da Bruxelles, possiamo riscontrarle,
anche se ben celate o manifestate in maniera diversa, all'interno di altri
sistemi politici statali dell'UE. Se si realizzerà l'uscita della Gran Bretagna
e, quindi, la creazione di politiche indipendenti dal resto del sistema
europeo, magari con conseguenza positive, si potrebbe creare un precedente
pericoloso che stimolerebbe una sorta di rivalsa di alcuni Paesi membri che
hanno manifestato inconsciamente quel desiderio di svincolarsi dalle braccia di
un sistema sempre più bilaterale. Dunque, nascerebbe un "concetto di
prova" che causerebbe altrove delle forze centrifughe e distruttive letali
per il futuro del sistema - Europa. L'uscita della Gran Bretagna, sarebbe fatale
per almeno tre Paesi, secondo alcuni studi inglesi: Cipro, Olanda e Irlanda.
Tra questi Paesi e Londra esiste un rapporto economico ben saldo, tra
investimenti e trattati da milioni di euro. Ma non sarebbero gli unici a subire
drastiche conseguenze. Anche la Germania potrebbe essere coinvolta attraverso
altri canali. Il suo contraccolpo maggiore sarà la perdita di una spalla
importante nei dibattiti politici contro la Francia e quindi costretta a
rivedere le alleanze politiche all'interno dell'UE, magari cercando proprio
nella Francia il vuoto provocato da Londra. Parigi, dal suo canto, non
risentirebbe più di tanto dell'assenza di Londra, anzi vedrebbe scomparire
dalla scena una diretta concorrente e sorella "nemica". L'unico
problema, e non di poco conto, è rappresentato dagli investimenti diretti che la
Francia possiede in Inghilterra, cosi come anche la Spagna. L'Italia, invece, è
direttamente meno esposta al Brexit, mentre
altri paesi come la Polonia guardano con preoccupazione la situazione inglese,
proprio perche in Inghilterra vi è una delle più alte percentuali di residenti
polacchi.
Infine, c'è la questione Scozia. Se gli
scozzesi al referendum voteranno per restare nell'Unione Europea, mentre il
resto del Paese voterà per una uscita, le rivendicazione per l'indipendenza
prenderanno un serio slancio. Da come andrà a finire siamo certi di un
pensiero. La Gran Bretagna è vittima della sua stessa strategia: ha ottenuto lo
status da privilegiato e proprio
questo status la trascina in un
contesto di isolamento forzato. Adesso Cameron intende frenare i suoi partners europei, come i capricci di un
bambino che minaccia di uscire dall'Unione se non otterrà ciò che vuole,
appunto, indebolire i propri "amici". In ogni caso, tutti gli Stati
membri, se davvero si materializzerà l'uscita della Gran Bretagna dal contesto
europeo, avrebbero da rimpiangere la perdita di influenza di cui gode l'Unione
senza il Regno Unito e il danno che Brexit
potrebbe causare alla stessa Europa a livello globale.
Davide Daidone
Per saperne di più:
- Accardo Gian Paolo, L'Europa non ha fretta di decidere sul
futuro del regno Unito, Rivista Internazionale,
Dicembre 2015
- Irwin Gregor, BREXIT, the impact
on the UK and the UE, June 2015
- http://www.internazionale.it/tag/fonti/the-economist
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