#Pensatopervoi
La rubrica settimanale con le nostre proposte
Corea del Nord minaccia l'Occidente: possibili soluzioni al disarmo
“Cominciamo l’anno 2016 – un glorioso e
vittorioso anno per la ricorrenza della settima conferenza del Partito dei
Lavoratori di Corea – con l’emozionante fragore della prima esplosione della
bomba a Idrogeno, cosicchè l’intero pianeta possa guardare alla potenza della
nostra repubblica socialista dotata dell’arma atomica e alla grandezza del
grande Partito dei Lavoratori di Corea!”. – “15 Dicembre, 2015, Kim Jong Un.”
É con
queste parole che il leader nordcoreano augura un felice 2016, contenute nel
documento che lo stesso Kim Jong Un rivolge alla sua nazione e in sostanza a
tutta l’umanità. Nonostante i poteri mondiali abbiano raggiunto un accordo sul
nucleare con l’Iran, la presunta detonazione di una nuova bomba da parte della
Corea del Nord rappresenta un clamoroso passo indietro per l’impegno globale
volto alla non-proliferazione. Il Consiglio di Sicurezza Onu ha convocato una
riunione d’urgenza per condannare Pyongyang e si prepara a rafforzare le già
pesanti sanzioni che ad oggi isolano il regime nordcoreano. La Corea del Nord
ha già testato per ben tre volte ordigni nucleari dal 2006, subendo risoluzioni
ONU e causando indignazione e condanne da parte della Comunità Internazionale.
Ma stavolta, nonostante non si abbia ancora la certezza che si trattasse di un
ordigno all’idrogeno (comunque di esplosione nucleare si è trattata, e ci
vorranno mesi per accertare la presenza d’idrogeno), “la Corea del Nord pone
una crescente e diretta minaccia agli Stati Uniti, Corea del Sud e Giappone”
dichiara Bruce Klinger, ex analista della CIA.[1]
Gli esperti stimano che Pyongyang al momento possieda dalle 10 alle 16 armi nucleari
con una crescita proiettata alle 50 e le 100 unità per il 2020. Combinate con i
recenti progressi in ambito balistico-missilistico del paese, la tecnologia
farebbe sì che in futuro le principali città dei vicini alleati degli Stati
Uniti, Corea del Sud e Giappone verranno raggiunte. Questo quadro ha la stessa
tipologia di destabilizzazione regionale che il mondo ha cercato di evitare
ridimensionando il programma iraniano. Nonostante i risultati positivi finora
ottenuti con l’accordo iraniano, l’amministrazione Obama viene criticata per
avere, nel frattempo, trascurato la minaccia nordcoreana.
Inoltre
nel 1994, Stati Uniti e Corea del Nord, tramite la mediazione del ex-presidente
Jimmy Carter durante l’amministrazione Clinton, erano vicini ad un accordo di
disarmo nucleare del regime nordcoreano in cambio di aiuti economici e
riconoscimento diplomatico. Ma successivamente i neoconservatori
dell’amministrazione Bush contribuirono a smantellare quest’accordo accusando
Pyongyang di possedere materiale nucleare a scopo militare, e collocandolo tra
i paesi dell’asse del male insieme a Iran e Iraq. Le convizioni erano che
presto la Corea del Nord sarebbe presto crollata da sola a causa delle
sanzioni. Cosa che non è avvenuta. Hanno pagato milioni di nordcoreani
condannati a morire letteralmente di fame mentre il regime centrale è rimasto
stabile fino ad oggi. Ma il fallimento del regime di sanzioni non è soltanto
una colpa statunitense. Anche la Cina viene presa in causa, la nazione più
vicina e alleata a Pyongyang.
I
vertici cinesi hanno dichiarato che si allineeranno all’ulteriore regime di
sanzioni Onu e potrebbero anche imporre le proprie sanzioni commerciali. Il
test infatti è stato condotto vicino al confine cinese, provocando rilevanti
scosse sismiche in varie parti del nordest cinese, facendo evacuare anche
scuole. Il ministro degli esteri cinese ha infatti convocato l’ambasciatore
nordcoreano a Pechino proprio per palesare la propria opposizione al test,
convocando peraltro una squadra di esperti per esaminare l’atmosfera vicino al
confine. Tuttavia, la Cina ha una particolare avversione a qualsiasi azione che
possa contribuire al crollo del regime di Pyongyang, al cui fianco la Cina ha combattuto
durante la guerra di Corea del 1950-53.
Pechino,
infatti, teme che un crollo della Corea del Nord possa portare ad un’ondata di
profughi seguita da episodi violenti, nella zona di confine. Ed in questa
situazione la Cina sarebbe costretta ad agire militarmente per ristabilizzare
il Nord. Peraltro, qualora Pyongyang cadesse, la Cina si ritroverebbe
l’esercito statunitense ai propri confini, cosa che non accetterebbe mai. La
Cina ha sottoscritto le precedenti tornate di sanzioni inflitte dal Consiglio
di Sicurezza, e probabilmente le sottoscriverà anche oggi, ma verosimilmente
non infliggerà pesanti sanzioni econimiche e commerciali da parte sua tali da
indebolire cospicuamente il regime di Pyongyang. Il principale investitore in
Corea del Nord è infatti la Repubblica Popolare Cinese, la quale fornisce
energia e generi alimentari. Perché Pechino dovrebbe quindi infliggere pesanti
sanzioni al regime di Kim Jong Un?
Le
esperienze passate peraltro, come durante le sanzioni degli anni 90, hanno visto mezzo milione di
nordcoreani morire di fame a causa delle restrizioni commerciali, ma il regime
rimanere stabilmente in piedi, con un programma nucleare in avviamento. La Cina
sicuramente ha giocato un ruolo fondamentale anche in passato per tenere in
vita il regime di Pyongyang. Complessa sembra anche la situazione della Russia,
la quale ha recentemente condannato il test ma ha da poco riallacciato rapporti
commerciali con la Corea del Nord. Di diverso avviso sarebbero invece Giappone
e Corea del Sud. Il premier giapponese Shinzo Abe ha dichiarato che il test
reppresenta “una grave minaccia alla sicurezza nazionale”. Il ministro degli
esteri Fumio Kishida chiederà al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di
convenire ad un meeting urgente per adottare una nuova risoluzione sulla Corea
del Nord. Il Giappone infatti, a partire dal 1° Gennaio 2016 occupa il posto di
“membro non permanente” all’interno del Consiglio di Sicurezza ed è, ad oggi,
Presidente di turno del Gruppo delle 7 economie mondiali (G7). Per la pozizione
che oggi occupa, il Giappone avrà un ruolo preminente nella risoluzione contro
il regime di Pyongyang.
La
Corea del Sud, tecnicamente in stato di guerra con la Corea de Nord, è in
aperta collaborazione militare con gli Stati Uniti, i quali hanno inviato nei
giorni scorsi a Seoul due bombardieri stealth B-2 armabili con testate nucleari
come dimostrazione di forza. La Corea del Nord ha risposto minacciando un
attacco nucleare agli Stati Uniti.
Tuttavia
i vertici sudcoreani hanno dichiarato che non considerano al momento il
deterrente nucleare nel suo complesso. Gli esperti dicono che diffcilmente gli
Stati Uniti reinstalleranno il missile nucleare tattico che hanno rimosso dalla
Corea del Sud nel 1991. Ciononostante i vertici militari sudcoreani dichiarano
che l’esercito è pronto a rispondere e a punire ulteriori provocazioni del
regime nordcoreano. Gli Stati Uniti sono al momento cauti nell’intraprendere
azioni militari, poiché la situazione potrebbe precipitare in un inevitabile
conflitto tra le due Coree, in cui verrebbero anche coinvolte Cina, Giappone e
Stati Uniti.[2]
Ma cosa rende così forte e stabile il regime di Kim Jong Un? La Corea del Nord
al giorno d’oggi possiede 53 ambasciate a consolati all’estero. Viene
riconosciuta da 72 nazioni di cui 34, inclusa la Gran Bretagna, hanno proprie
ambasciate a Pyongyang. Le altre mantengono liaison offices nelle
nazioni vicine. I rapporti commerciali con Russia e Cina sono tuttora stabili,
e attraverso un sistema di purghe il giovane leader nordcoreano è riuscito ad
accentrare quasi tutti i poteri nelle sue mani e nel Partito dei Lavoratori. Attraverso
il test la Corea del Nord sta percorrendo un sentiero pericoloso ma ben ideato.
Come
ogni nazione che ha scelto il nucleare a scopo militare, La Corea del Nord vede
questa opzione strategicamente necessaria. Ecco perché decenni di sanzioni e condanne
non hanno funzionato. Lo sviluppo di una credibile forza nucleare rappresenta
nel lungo periodo, una scelta più economica e vincente per Pyongyang rispetto
alla creazione e al mantenimento di numerose e altamente sofisticate forze
militari convenzionali che dovrebbero agire da deterrente a un presunto attacco
statunitense. La corsa all’arma nucleare nordcoreana è stata condannata da
paesi come Stati Uniti, Cina, Russia, Gran Bretagna, Francia e India, i quali ,si
stima, posseggano tutti insieme un totale di 15.000 armi nucleari.[3]
L’unico paese senza arma nucleare ad avere condannato il test è il Giappone, il
quale è l’unico nella storia ad aver subito lo sgancio della bomba atomica nel
’45 ad Hiroshima e Nagasaki. Ma mentre molte nazioni da Oriente a Occidente,
convengono a non accettare una Corea del Nord come potenza nucleare, una
domanda sorge spontanea: quanto diritto hanno le nazioni nel dire ad altre
nazioni cosa fare? Ma più nello specifico, quanta legittimità hanno le potenze
nucleari, che non hanno intenzione di ridurre i loro arsenali, nel domandare ad
altre nazioni di ridurre i propri? La Corea del Nord naturalmente risponde :
nessuna.
E
quindi cosa fare? Sicuramente, in primo luogo gli sforzi alla non
proliferazione e alla riduzione di armamenti dovrebbero essere comuni a tutti i
paesi del mondo. In secondo luogo riguardo la situazione nordcoreana i tre
paesi alleati, Giappone, Corea del Sud e Stati Uniti, dovrebbero offrire alla
Corea del Nord in cambio di un processo di de-nuclearizzazione, un trattato di
pace che preveda: il riconoscimento diplomatico, l’adesione alle principali
organizzazioni internazionali, la fine delle sanzioni economiche, aiuti
umanitari, la sospensione di esercitazioni militari unificate e una possibile
apertura di una discussione volta al ritiro delle truppe statunitensi. Allo
stesso tempo i tre paesi alleti dovrebbero promettere di condividere i costi
per la salvaguardia dei nordcoreani, e di ripristino dell’ordine in caso di
crollo del regime. Gli Stati Uniti dovrebbero accettare un possibile e
temporaneo intervento militare cinese volto a stabilizzare la situazione nel
nord del paese, in caso di violenze e squilibri al confine. Seoul dovrebbe
accettare e rispettare gli interessi economici cinesi in una possibile futura
Corea unificata. Infine Washington dovrebbe accettare di ritirare le proprie
truppe in caso di unificazione.Solamente intraprendendo un fitto legame di
cooperazione con la Cina si potrà nel lungo periodo arginare il problema di una
possibile e reale minaccia di guerra nucleare nel Nord est asiatico.
Danilo Lo Coco
[1] AFP-JIJI, Wahington, “Bomb
test is a setback for global arms control”, in “The Japan Times” – 08/01/2016
[2] Cordesman A, Washington-based Center for Strategic and International
Studies think tank, in “The Japan Times” – 08/01/2016
[3] Talmadge E., Chol Jin J., “North challenges the nuclear club”, Pyongyang
AP, in “The Japan Times” 11/01/2016
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