giovedì 7 gennaio 2016

Riyad - Teheran: tra confronto settario e contesa geopolitica

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Riyad - Teheran: tra confronto settario e contesa geopolitica



In Medio Oriente si infiamma lo scontro settario: musulmani sciiti di tutto il mondo islamico scendono in piazza per protestare contro l’esecuzione dell’imam sciita Nimr al-Nimr in Arabia Saudita. Il regno saudita ha lanciato un chiaro segnale agli alleati occidentali (Usa in primis): la partita iraniano-saudita nel Golfo è la priorità geopolitica per Riyad e non c’è accordo sul nucleare iraniano che tenga. La strada per la rimozione delle sanzioni contro l’Iran è ancora aperta così come aperti sono i conflitti che vedono coinvolte le due potenze regionali: i conflitti siriano e yemenita. In Siria da una parte sono coinvolti i pasdaran iraniani e gli Hezbollah libanesi in difesa del governo siriano e dall’altra i ribelli sunniti proxies dell’Arabia Saudita. L’Arabia Saudita negli ultimi anni – insieme alle altre monarchie del Golfo –  ha infatti scagliato miliziani jihadisti contro la Siria di Assad (alleata di Teheran), sbocco nel Mediterraneo per gli iraniani. Casa Saud mal tollera l’asse che unisce Siria, Iran, Hezbollah e il governo sciita irakeno: in Siria è stata però costretta a fare un passo indietro a causa dell’intervento russo.

L’Arabia Saudita non è tuttavia disposta a cedere di un millimetro quando gioca ‘in casa’, dove rischia di essere scalfita la legittimità stessa del regno familiare-dinastico. In Bahrein (paese a maggioranza sciita) ha silenziato la ‘primavera’ del 2011 e non ha tollerato la presa del potere dei ribelli Houthi in Yemen nel 2015, conducendo una pesante operazione militare che ha provocato fino ad ora migliaia di morti (si parla di un Vietnam saudita); già imbronciata per l’accordo sul nucleare iraniano, in Yemen ha preteso il silenzio di Washington. L’imam sciita Nimr al-Nimr (popolare tra la minoranza sciita del paese) rappresentava una voce dissonante, considerato potenzialmente destabilizzante per l’immutabile regno saudita. La condanna non va comunque letta soltanto attraverso la lente dello scontro settario (che ha contribuito ad infiammare) ma soprattutto in chiave geopolitica: un chiaro messaggio sia per gli alleati atlantici che per i nemici persiani.

L’alta tensione iraniano-saudita avrà certamente delle conseguenze nel processo di pacificazione siriano: l’incontro di Vienna del 30 ottobre ha visto la partecipazione sia dell’Iran che dell’Arabia Saudita[i] ma le agende dei diversi attori regionali e globali sono estremamente diverse. Russia e Arabia Saudita ad esempio non concordano su chi siano i ribelli “moderati” o estremisti (un raid russo ha ucciso recentemente un leader jihadista sostenuto da Riyad) e il futuro politico di Assad resta ancora un elemento di contrasto. Iran e Arabia Saudita saranno verosimilmente restie a (far finta di) parlare amichevolmente per provare a ‘risolvere’ la questione siriana. Riyad considera lo stesso IS un male minore rispetto al potenziamento dell’asse sciita e al ritorno di un Iran legittimato a livello internazionale. Lo stesso Henry Kissinger in un recente articolo del 16 ottobre ha puntualizzato come gli Stati del Golfo «insist on the overthrow of Mr. Assad to thwart Shiite Iranian designs, which they fear more than Islamic State. They seek the defeat of ISIS while avoiding an Iranian victory»[ii].

Sarà messa a dura prova anche la strategia statunitense – che alcuni analisti considerano indirizzata verso un kissingeriano “equilibrio di potenza” – nel subbuglio mediorientale. La rappresentazione di una lungimirante politica obamiana volta alla definizione di un “balance of power” mediorientale sembra però un’espressione ingentilita per rappresentare la strategia americana del divide et impera e della ricerca di uno stalemate (tramite il ‘doppio contenimento’) che può adottare soltanto chi pretende di fare da regista arroccato in un altro continente al riparo dalle conseguenze delle guerre mediorientali. Ma non è facile fare da regista quando i principali alleati (Arabia Saudita e Turchia) pretendono di giocare anche le proprie partite ed esiste nuovamente una Russia intenzionata a dire la sua nelle vicende mediorientali.
Federico La Mattina


[i] http://www.reuters.com/article/us-mideast-crisis-syria-iran-idUSKCN0SM14C20151028
[ii] H. Kissinger, A Pathout of the Middle East collapse, “The Wall Street Journal”, 16/10/2015, http://www.wsj.com/articles/a-path-out-of-the-middle-east-collapse-1445037513.

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