venerdì 20 novembre 2015

Oltre l'Eurocentrismo: un'interpretazione ai fischi di Istanbul

#Pensatopervoi

La rubrica settimanale con le nostre proposte

Oltre l'Eurocentrismo: un'interpretazione ai fischi di Istanbul



Martedì 17 Novembre, sono passati appena quattro giorni dagli attentati che hanno sconvolto la Francia, due giorni dal primo bombardamento delle milizie francesi in Siria ed un solo un giorno dalla dichiarazione ufficiale di guerra. Nella stessa giornata si svolgono due avvenimenti sportivi che passeranno alla storia seppur in modo diametralmente opposto: alle ore 21,00 a Londra nell'impianto sportivo di Wembley inglesi e francesi si stringono cantando all'unisono la Marsigliese; circa due ore prima però al Başakşehir Fatih Terim Stadium di Istanbul la maggioranza dei turchi presenti allo stadio decidono di non rispettare il minuto di raccoglimento per gli eventi di Parigi con sonori fischi di disapprovazione. Scoppia la bufera mediatica, attraverso i canali di informazione mainstream d'occidente passa lo sgomento per un gesto inaspettato che smuove le coscienze gridando all'inciviltà ed alla vergogna. Tutto ciò è seguito dalla puntuale strumentalizzazione politica dell'evento, che facilmente si presta a chi fa propria la retorica che vorrebbe dimostrare, su basi alquanto discutibili, che dietro ad ogni persona fedele al “messaggio rivelato” del Corano si nasconderebbe un pericoloso terrorista. E' chiaro che è piuttosto semplice cadere nel tranello di chi ci propone letture di questo tipo, e che se volessimo provare a condurre un'analisi approfondita per cercare di comprendere le ragioni che stanno alla base di un simile comportamento, dovremmo per un attimo abbandonare le categorie “eurocentriche” con le quali siamo abituati a leggere la realtà, di certo non per una nostra faziosità intrinseca, ma per il semplice fatto che in Occidente ci siamo nati, secondo queste categorie siamo stati educati e sempre dall'Occidente attingiamo per l'acquisizione delle informazioni. Facendo allora questo sforzo che ci porta per un attimo ad invertire il nostro punto di vista, possiamo vedere allora che l'inizio dei bombardamenti francesi a Raqqa non ha fatto altro che fortificare l'ideologia fondamentalista del Daesh (o Isis che dir si voglia) sopratutto in quei paesi di forte matrice islamica come la Turchia, rinvigorendo la tesi secondo cui “il nemico occidentale” continua a mostrare la sua invadente presenza nella politica medio-orientale non tanto per la diffusione dei propri valori di libertà e democrazia, quanto piuttosto per accedere alle ingenti risorse presenti nel territorio. Eppure la stessa Turchia a livello istituzionale non si è mai tirata indietro quando si è trattato di schierarsi con l'Occidente, lo dimostra il fatto che in terra turca si è svolto il g20 dei giorni scorsi, il cui ordine del giorno era proprio la lotta al terrorismo. La Federazione calcistica turca però, costretta a prendere posizione rispetto a quanto successo ad Istanbul, anche perché il presidente Erdogan ha preferito non rilasciare (almeno fino ad ora) alcuna dichiarazione sull'accaduto, ci fornisce un ulteriore spunto di riflessione. Avrebbe infatti dichiarato che quello dei tifosi turchi non sarebbe stato un gesto spinto dall'odio anti-occidentale ma un segnale di protesta contro l'Uefa, che in occasione della strage di Ankara del 10 Ottobre, quando più di cento turchi persero la vita durante una manifestazione pacifista proprio per mano del gruppo fondamentalista islamico, non avrebbe mostrato la stessa sensibilità riservata ai caduti di Parigi. “Sembra che ci siano morti di Serie A e morti di Serie B e questo non è accettabile: bisogna rispettare i sentimenti di tutte le persone", avrebbe detto il presidente della Federazione. Un'ultima, ma non meno importante, considerazione da fare è che la modalità tramite la quale il governo francese ha deciso di rispondere agli attentati, quella dei raid aerei, aldilà dei dati ufficiali che sembrano tacere su questo versante, ha coinvolto e continuerà a coinvolgere la popolazione civile. Ed anche se storicamente tra turchi e siriani non c'è mai stato un forte legame amichevole,i primi sentiranno abbastanza vicine quelle bombe che esplodono a pochi chilometri dai propri confini e considereranno piuttosto reale una minaccia che potrebbe vederli coinvolti in quanto islamici. Per questo proprio dietro a quei fischi dietro i quali abbiamo letto un'offesa ed una minaccia, potrebbero invece più semplicemente celarsi quella stessa paura e quella stessa empatia che noi europei abbiamo provato per i vicini francesi. Una chiara dimostrazione che in guerra, aldilà delle giustificazioni politiche che una parte od un'altra possano credere di avere o degli esiti a cui questa possa giungere, esiste un solo sicuro e consapevole sconfitto: il popolo.
Giovanni Tranchina

1 commento:

  1. Condivido in toto la puntuale analisi svolta! Sono sempre più convinto che l' Occidente debba astenersi dall'interferire nelle questioni del mondo islamico; deve soprattutto abbandonare la pretesa arrogante di volere esportare in quei luoghi un modello di democrazia che non tiene conto di un dato storico e culturale fondamentale: la nostra è una democrazia laica, la loro è una democrazia teocratica, in cui i precetti religiosi sono fondamentali!

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