- EDIZIONE STRAORDINARIA -
L'insostenibile bugia dell'Occidente
Al di là di ogni ipocrisia, je suis Bataclàn e
Facebook con la possibilità di trasformare il nostro volto con i colori della
bandiera francese, al di là dunque della dovuta solidarietà ai fratelli
parigini, anche perché noi stessi possiamo essere i prossimi obiettivi e dunque
oggetto noi stessi di solidarietà, al di là della ovvia e ferma condanna del
terrorismo, dobbiamo tuttavia porci seriamente una domanda: quando l'Occidente
la smetterà con l'assurda pretesa di esportare il suo modello di democrazia nel
resto del mondo ed in special modo in
quello islamico?
L'Occidente ed il mondo islamico sono due civiltà
culturalmente e politicamente assai differenti tra loro, ed è per questo
sbagliato cercare di stabilire una prevalenza dell'una sull'altra: è sbagliata
l'impostazione del fondamentalismo islamico, che vuole convertire gli “empi” ad
ogni costo, fino alla uccisione; ma altrettanto sbagliato, anzi peggiore è il
tentativo, atavico e non moderno, del mondo occidentale di “democratizzare” il
mondo islamico, esportando in esso quelli che sono i valori tipici e fondanti
dell'Occidente stesso, primo fra tutti il nostro concetto di “laicità dello
Stato”.
In Occidente, la Pace di Westfalia (1648) non sancisce solo
la nascita del moderno diritto internazionale, inteso come ordinamento della
comunità degli Stati, liberi e sovrani, non superiorem recognoscentes;
sancisce quanto il ben più importante principio della laicità dello Stato,
ossia l'idea che ogni comunità politica non si conforma ai precetti della
religione.
Il principio della laicità dello Stato è alla base del
moderno costituzionalismo, che ha influenzato le istituzioni politiche
dell'Occidente, europeo e nordamericano; esso rappresenta il punto cardine –
insieme al principio dello Stato di diritto – del concetto occidentale di
democrazia, riassumibile nell'assunto illuministico del “libera Chiesa in
libero Stato”.
Volere esportare “democrazia” nel mondo islamico, vuol dire
volere esportare anche il principio “ occidentale” di laicità dello Stato, che
tuttavia ha un significato filosofico-concettuale europeo, giacché figlio di
quel noto fenomeno culturale che è stato l'Illuminismo e che ha riguardato solo
ed esclusivamente l'Europa del XVIII secolo; vuol dire in altri termini,
l'assurda pretesa dell'Occidente di sostituire alla “laicità islamica” il proprio
concetto di laicità.
Ma esiste una “laicità islamica”?
L'idea che nel mondo islamico non esista una separazione tra
fede e politica, tra istituzioni religiose e istituzioni politiche, deriva da
una grossolana visione storica delle cose che appiattisce le differenze e
pretende di giudicare tutto secondo i modelli occidentali. In realtà, l'Islam -
al pari dell'ebraismo - non conosce istituzioni religiose paragonabili alla
Chiesa, ma soltanto associazioni, confraternite, comunità di preghiera o di vita
ascetica, sodalizi che amministrano i beni materiali legati ai luoghi di culto.
Da parte loro, le istituzioni politiche islamiche si sono fin
dal VII secolo sviluppate tenendo conto di modelli statuali come gli imperi
bizantino e persiano. La «shari'a», la legge derivante dal Corano, ha fino a
tempi recentissimi avuto dappertutto un valore rilevante sul piano del diritto
privato ma non su quello pubblico: i sovrani emanavano la loro legge, in arabo
«qanun», una parola derivante dal greco «kanon» (da cui l'aggettivo italiano
«canonico») e indicante il complesso giuridico dipendente dal diritto
giustinianeo. Che i sovrani islamici siano ricorsi più o meno spesso al
consiglio degli «ulama», gli esegeti del Corano provvisti di un'autorità
legittimata da una scuola, non ha mai minimamente configurato un «conflitto tra
Stato e Chiesa»: l'autorità politica restava la sola a decidere; e sorvegliava
anche l'attività degli «imam», i direttori di preghiera che ogni comunità
(«jama'a») all'interno della grande comunità generale dei credenti («umma») si
sceglie liberamente.
Storicamente, dunque, la “laicità islamica” è antecedente a
quella occidentale, e per certi aspetti più moderna di quest'ultima;
l'arcaicizzazione dell'Islam, ossia l'instaurazione di regimi conservatori,
integralisti e teocratici ( tra tutti, l'Arabia Saudita e l'Iran
degli ayatollah) è una conseguenza del colonialismo
occidentale, francese ed inglese in primis, nell'area oggi nota come
Medioriente.
Nel suo secolare tentativo di dominare la civiltà islamica,
l'Occidente ha sempre favorito la diffusione del fondamentalismo e
dell'integralismo, anche col facilitare l'ascesa al potere di regimi teocratici
e conservatori, in ragione del fatto che un mondo arabo moderno e non arcaico e
non conservatore avrebbe finito
coll'essere in grado di potere concorrere ed essere antagonista con l'Occidente
stesso.
Oggi, quindi, la pretesa occidentale di modernizzare l'Islam,
esportando i nostri valori “democratici”, rappresenta , storicamente, una
grande bugia, poiché l'Islam è già una civiltà “democratica”compiuta, forse
composita, come la civiltà occidentale, culturalmente non subalterna ad essa; è
una grande bugia in quanto sottende ad
una precisa strategia geopolitica – più o meno discutibile ed accettabile- di
continuare a controllare “economicamente” il mondo islamico e i suoi ricchi
territori di giacimenti naturali; strategia oggi resa ancora più pericolosa
poiché gli attacchi terroristici dell'Isis hanno finito col danneggiare più il
mondo islamico che l'Occidente stesso, ricreando una sinergia tra quest'ultimo
e la Russia, che può soltanto comportare una ennesima “colonizzazione” del
mondo islamico.
Dott. Rosario Fiore
Cultore di Diritto Pubblico Comparato e Diritto
Internazionale Unipa
Segretario Generale IMESI
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