domenica 11 ottobre 2015

Strage ad Ankara: due esplosioni durante la manifestazione pacifista

- EDIZIONE STRAORDINARIA -

Strage ad Ankara: due esplosioni durante la manifestazione pacifista


Foto Ansa
Ancora esplosioni. Ancora morti. Ancora feriti. Il conflitto tra turchi e curdi non conosce tregua, oggi ad Ankara c’è stata una doppia esplosione vicino la stazione ferroviaria dove un gruppo di migliaia di attivisti si stava radunando poco prima dell’inizio di una manifestazione per chiedere al governo la fine dei bombardamenti subiti dalle postazioni del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) e tornare a trattare una risoluzione pacifica del conflitto. Secondo il ministro della sanità turco i morti sarebbero 97 e centinaia i feriti. Ancora non si conoscono le dinamiche dell’accaduto, il governo sostiene che si sia trattato di un attacco terroristico e almeno una delle due esplosioni potrebbe essere stata innescata da un attentatore suicida. Militanti del Partito democratico dei Popoli (l’ Hdp, partito filo-curdo che aveva organizzato l’evento insieme ai sindacati di sinistra Disk e Kesk) raccontano di alcuni scontri tra la polizia e gli attivisti dopo le esplosioni. Intanto in Turchia sono state annullate tutte le manifestazioni politiche già programmate ed è stata convocata una riunione d’emergenza dal premier ad interim Davutoglu, mentre i curdi del Pkk hanno annunciato un “cessate il fuoco” in vista delle elezioni del 1 novembre. “Stiamo assistendo a un massacro. E’ una continuazione di quelli di Diyarbakir e Suruc”, così ha commentato Selahattin Demitras, leader del partito democratico dei Popoli. L’Hdp, infatti, è già stato colpito diverse volte da attacchi terroristici nei mesi scorsi. A giugno è stato attaccato un comizio politico a Diyarbakir, 4 furono i morti e 400 i feriti, a settembre invece un gruppo di nazionalisti di estrema destra ha assaltato la sede del partito ad Ankara, mentre a Suruc, a fine luglio, un attentato, che aveva come obbiettivo un centro culturale curdo, ha causato 28 vittime. Dalle elezioni del 7 giugno, e cioè da quando l’Hdp è entrato a far parte del parlamento (primo partito filo curdo a riuscirci), l’intolleranza del governo turco nei confronti dei curdi si è riaccesa. Centinaia sono stati gli arresti di militanti del Pkk durante le operazioni “antiterrorismo” condotte dall’esercito durante tutta l’estate. A luglio sono ricominciati pure i bombardamenti contro le postazioni del Pkk, interrompendo il “cessate il fuoco” annunciato nel 2013 direttamente dal carcere da Abdullah Ocalan, leader del Partito del Lavoratori del Kurdistan. Così sono iniziate una serie di attacchi “botta e risposta” tra le due fazioni e i rapporti si sono nuovamente frantumati sotto i colpi delle armi da fuoco. L’azione politica turca nei confronti dei curdi ha rotto un sottilissimo equilibrio che si era creato negli ultimi tre anni: “Queste operazioni continueranno finché esisterà una minaccia contro la Turchia”, queste sono le parole di Davutoglu che hanno accompagnato l’inizio dei bombardamenti in estate. Dunque il rischio, sempre più concreto, è che un conflitto che, dal 1984 ad oggi, ha causato oltre 40.000 vittime, non abbia ancora detto l’ultima parola e che un ulteriore e disastroso capitolo debba ancora essere scritto.
Simone Cacioppo

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