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"Allah Akbar": domenica di terrore In Costa d'Avorio e Turchia
Foto Ansa.it |
Nel
primo pomeriggio di ieri una barca si avvicina alla spiaggia di Grand Bassam
(patrimonio dell’Umanità dal 2012), in Costa D’Avorio, a pochi passi dai
lussuosi hotel Koral Beach e Etoile du sud. In pochi secondi la sparatoria.
Perdono la vita, secondo quanto affermato dal presidente Ivoriano Alassane
Ouattara, circa quattordici civili e due militari. Almeno quattro delle vittime
sarebbero di origine europea e di queste una francese, secondo quanto affermato
dal presidente Hollande, che ha aggiunto: “La Francia assicura sostegno
logistico e informazioni alla Costa D’Avorio per trovare gli aggressori e
continuerà e intensificherà la cooperazione con i suoi partner nella lotta al
terrorismo”. Proprio il consolato francese a Abidjan, che dista circa 40
chilometri da dove si è consumato il fatto, ha chiesto ai francesi di non
spostarsi tra le città limitrofe, in modo da favorire l’operato delle forze
dell’ordine. La Farnesina, intanto, sta agendo al fine di stabilire se anche
soggetti di nazionalità italiana possano essere rimasti coinvolti
nell’attentato. Per quanto concerne gli attentatori, essi sono arrivati alla
spiaggia via mare, su una barca. I testimoni hanno dichiarato alle autorità e
ai media internazionali di aver visto una decina di uomini con il volto
coperto, che imbracciavano dei kalashnikov, aprire il fuoco sui bagnanti al grido
di “Allah Akbar”. “Le forze di sicurezza sono intervenute immediatamente-ha
affermato Hamed Bakayoko, il ministro dell’interno-e sono riuscite a
neutralizzare sei dei terroristi.”; intanto i militari ivoriani e quelli
francesi di stanza in Costa D’Avorio si sono immediatamente recati sul posto
per dare inizio alla caccia all’uomo nella speranza di identificare e bloccare
gli altri soggetti coinvolti. Tanto coinvolgimento della Francia non stupisce:
ex colonia francese, divenuta indipendente solo negli anni sessanta, la Costa
D’Avorio è ancora estremamente impregnata della cultura francese: basti pensare
alla lingua che vi si parla, il francese per l’appunto, o alle numerose aziende
francesi che vi aprono le loro filiali.
Le
macabre immagini di quella spiaggia, pubblicate in rete già poche ore dopo
l’attentato, non possono non riportare alla memoria di tutti il massacro di
Sousse, ad opera dello Stato Islamico, dello scorso 26 Giugno, in cui persero
la vita una quarantina di persone, per lo più turisti occidentali in vacanza.
Questa volta tuttavia non è lo stato islamico a rivendicare l’attentato, bensì
Aqmi, l’Al Qaeda maghrebina che ha rivendicato innumerevoli altri attentati
nella zona e che ha più volte dichiarato di vedere nella Francia il nemico per
eccellenza, dal momento che questa era riuscita a bloccare l’avanzata di Al
Qaeda dalla Libia al Mali e aveva dato vita all’operazione Barkhane, al fine di
impedire infiltrazioni jihadiste in Sud Africa. L’operazione ha senz’altro
arginato l’avanzata, ma non ha potuto neutralizzare del tutto l’azione dei
gruppi terroristici. Anche nel caso di quanto successo ieri, la Francia si era
premurata di avvertire, tramite intelligence, la Costa D’Avorio e il Senegal,
che attentati terroristici erano previsti in questi paesi. Neppure questo
tuttavia ha permesso di evitare spargimenti di sangue, che rischiano di
incrinare ulteriormente i rapporti, già piuttosto compromessi in passato, tra
il Nord e il Sud del paese, l’uno a maggioranza musulmana, l’altro cristiana e
che sembravano essersi recentemente appianati.
Sono
passate appena poche ore dai momenti di terrore consumatisi nella spiaggia di
Grand Bassam, quando un altro tragico avvenimento sconvolge l’opinione
pubblica: si tratta di un altro attentato, un’esplosione questa volta,
provocata da un’autobomba scagliata contro un autobus nel centro di Ankara, in
Turchia. La zona colpita, a metà strada tra il frequentatissimo parco Guven e
il boulevard Ataturk, ospita diversi palazzi governativi, tra cui i ministeri
dell’Educazione e della Giustizia, ed è frequentata quotidianamente da un elevato
numero di funzionari e civili. L’esplosione ha provocato gravi danni, facendo
esplodere una serie di veicoli vicini; sarebbero rimasti vittima dell’attentato
circa 34 persone, dei quali almeno due attentatori e i feriti ammonterebbero a
più di un centinaio di persone, alcune delle quali molto gravi. Il Ministro
dell’interno Efkan Ala ha subito denunciato l’esplosione come un atto
terroristico, ma non ha aggiunto ulteriori particolari riguardo i dettagli
dell’accaduto, discussi dai ministri durante un vertice sulla sicurezza.
Secondo quanto fatto trapelare ai media locali da autorità governative i
sospetti ricadrebbero, ancora una volta, sul terrorismo di matrice curda,
sebbene non sia ancora avvenuta alcuna rivendicazione. Subito il presidente
Erdogan ha rilasciato una dichiarazione, senza tuttavia fare riferimenti ai
mandanti o presunti tali: “A seguito dell’instabilità della regione- ha
affermato- negli ultimi anni la Turchia è stata oggetto di numerosi attacchi
terroristici che minacciano l’integrità del nostro paese. Proseguiremo quindi
la lotta al terrorismo con ancor più determinazione”. Lo scenario appena
descritto ci riporta alla mente i fatti di circa un paio di mesi fa,
riguardanti l’esplosione di piazza Sultanahmet, Anche in quel caso, come nella
maggior parte degli attentati che hanno colpito nell’ultimo periodo la Turchia,
la responsabilità era subito stata attribuita al terrorismo curdo e i media
erano subito stati allontanati dal luogo delle esplosioni. Anche ieri infatti
le autorità hanno intimato ai giornalisti di non divulgare immagini o
informazioni dettagliate su quanto accaduto e la stessa autorità
radiotelevisiva turca, il Consiglio supremo di radio e televisione, ha imposto
un divieto temporaneo di pubblicazione di notizie.
Anche
questo attentato, come quello avvenuto in Costa D’Avorio, era stato in qualche
modo preventivato e annunciato: appena un paio di giorni fa infatti
l’ambasciata americana ad Ankara aveva avvertito i cittadini di un pericolo
imminente, che tuttavia non è stato possibile sventare. L’aspetto
su cui è particolarmente importante fare chiarezza sarebbe ora la matrice
dell’attentato, non ancora rivendicato. Importante per assicurare i colpevoli
alla giustizia e contribuire a delineare strategie efficaci di prevenzione per
un paese costantemente sotto attacco ma importante soprattutto al fine di non ricadere
nel circolo vizioso creato dalla disinformazione, dalle mezze verità, o
dall’identificare un colpevole di comodo. Tanto più che l’instabilità della
Turchia, dovuta ai dissidi interni e al suo importante coinvolgimento nel
conflitto Siriano, sta pian piano minando la credibilità e la stabilità del
paese e della sua leadership. I due
attentati, seppure non collegati direttamente tra loro, palesano una delle caratteristiche
incontestabili della politica internazionale: la nascita di soggetti non
statuali che assumono un ruolo sempre più importante nel panorama geopolitico,
e che riescono, tramite la violenza e la diffusione del terrore, ad
autolegittimarsi. Sebbene la lotta al terrorismo sia uno dei punti fondamentali
delle agende dei grandi leader, essa continua ad essere un vero e proprio strumento
di pressione, purtroppo piuttosto efficace.
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