- EDIZIONE STRAORDINARIA -
Unioni civili: dalla Cedu altra condanna per l'Italia
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ha accolto il ricorso
di tre coppie omosessuali che avevano contratto matrimonio all’estero e avevano
richiesto di unirsi civilmente nei comuni di rispettiva provenienza (Milano,
Lissone, Trento), dai quali avevano ricevuto il diniego scritto persino di fare
le pubblicazioni. Sui casi si erano già pronunciate, a favore delle coppie, la
Corte Costituzionale e la Corte di Cassazione le quali suggerivano l’emanazione
di una legge che inquadrasse giuridicamente le unioni civili per persone dello
stesso sesso, senza alcun risultato. Ma stavolta a pronunciarsi è il più alto
grado di giudizio al quale le coppie potevano rivolgersi, emanando una sentenza
che condanna apertamente l’Italia per la violazione dell’articolo 8 della
Convenzione europea dei diritti umani, che regola “il rispetto per la vita
privata e familiare”. Nella sentenza la Corte sottolinea che 24 su 47 Stati
europei hanno adottato legislazioni che permettono alle coppie dello stesso
sesso di avere un riconoscimento giuridico, che sia il matrimonio o una forma
di unione civile o patto registrato. Sono infatti 11 i paesi europei che
riconoscono i matrimoni tra persone dello stesso sesso: Belgio, Danimarca,
Francia, Islanda, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Norvegia, Portogallo,
Spagna, Svezia e Regno Unito). Mentre sono 18 i paesi europei che hanno
adottato una legislazione che riconosca giuridicamente le unioni civili
(diverse dall’istituto del matrimonio ma che conferiscono obblighi legali
simili all’istituto) tra coppie omosessuali: Andorra, Austria, Belgio, Croazia,
Repubblica Ceca, Finlandia, Francia, Germania, Ungheria, Irlanda,
Liechtenstein, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Slovenia, Spagna, Svizzera e
Regno Unito. Restano fuori da queste legislazioni l’Italia, Cipro, Lettonia e
Grecia. La violazione di cui i giudici di Strasburgo parlano, si riferisce alla
mancata applicazione dell’art. 8 della Convenzione europea dei diritti
dell’uomo che protegge il “rispetto per la propria vita privata e familiare” e
alla “non interferenza della pubblica autorità eccetto per i casi previsti
dalla legge.” A tal proposito la Corte condanna lo Stato Italiano a risarcire
le coppie, e lancia un monito affinché il governo italiano adotti una
legislazione che riconosca giuridicamente le unioni tra persone dello stesso
sesso (non riferendosi però all’istituto del matrimonio fra coppie omosessuali il
quale rimane a larga discrezionalità del legislatore nazionale). Il premier Matteo Renzi ha dichiarato che entro l’autunno
2015 si procederà alla discussione del ddl sulle unioni civili tra coppie
omosessuali, ma la strada sembrerebbe contorta dato che alcune resistenze
permangono all’interno della maggioranza, soprattutto dal fronte Ncd su due
elementi presenti nel disegno di legge, riguardanti gli effetti giuridici del
riconoscimento delle unioni, come la reversibilità della pensione a favore del
coniuge e l’adozione interna del figlio biologico del coniuge/i. Tuttavia la
sensazione è che una legge si farà, anche se dopo questa sentenza di condanna. La decisione della Corte di Strasburgo, partendo dal
principio giuridico del diritto al rispetto della vita privata e familiare,
riconosce l’inviolabilità dello status di coppia indipendentemente dal sesso, e
gli conferisce valore giuridico. Sta poi decidere ai singoli stati quali
effetti scaturiscono dalle unioni civili e se essi si avvicinano o portano a
una vera e propria unione matrimoniale. Sta di fatto che la decisione dei
giudici di Strasburgo riconosce la dignità umana di fronte la legge
indipendentemente dal sesso, dalla razza o dalla religione. E per di più
esprime un modello di unione familiare non più cristallizzato all’emanazione
delle costituzioni nazionali, ma al passo con i tempi e le dinamiche sociali
che ne conseguono.
Danilo Lo Coco
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