venerdì 3 ottobre 2014

Diversamente nati: il «turismo procreativo» è davvero un problema?

#lavoceinternazionale

L'approfondimento settimanale di I.ME.SI.

Diversamente nati: il «turismo procreativo» è davvero un problema?

 a cura di

Matteo M. Winkler, Assistant Professor presso HEC Paris

Il 22 settembre scorso la Cour de Cassation francese ha rilasciato un importante «doppio» parere (nn. G1470006 e J1470007), concernente una prassi sempre più ricorrente in Francia come nel resto d’Europa: il ricorso a procedure di fecondazione medicalmente assistita all’estero (PMA). Volgarmente chiamato, nel dibattito tipicamente povero del nostro Paese, «turismo procreativo».
Il caso dal quale il parere trae origine riguarda una coppia di donne francesi e la loro figlia, nata appunto grazie alla PMA. La compagna della madre biologica chiedeva di poter adottare la bambina, ma questa ipotesi non è espressamente disciplinata in Francia, dal momento che la legge del 17 maggio 2013 sul matrimonio egualitario (Mariage pour tous), che tanto ha fatto discutere, si è limitata a riconoscere l’accesso delle coppie gay e lesbiche al matrimonio e all’adozione, senza spendere nemmeno una parola sulla PMA. Secondo la legge attualmente in vigore, possono quindi sottoporsi a PMA soltanto le coppie di sesso diverso, coniugate, affette da infertilità ovvero soggette al rischio di trasmettere patologie gravi al bambino o alla madre. Secondo alcuni tribunali francesi, quella della PMA all’estero sarebbe una prassi illegale, in quanto volta a stemperare il rigore della legge francese e dunque a scavalcarla.
Oltrepassare i confini nazionali per poi rientrare e domandare diritti che non vengono riconosciuti sul piano interno rappresenterebbe, secondo questa visione, non solo una patente violazione della legge, ma anche un’autentica «frode alla legge» (fraud à la loi).
La Cour de Cassation ha però smentito questa interpretazione: il fatto che le due donne abbiano fatto ricorso alla PMA all’estero, infatti, «non urta alcun principio fondamentale del diritto francese».

Il caso
Il caso in questione, che in Francia ha fatto molto discutere generando reazioni di segno opposto, raccoglie da una parte il dilemma della determinazione dello statuto giuridico delle «nuove famiglie» (ricomposte, omogenitoriali, monogenitoriali), che si stanno aprendo una strada nel travagliato sentiero del diritto di famiglia. Dall’altra parte, sarebbe ipocrita mascherare l’autentica genesi del problema, che risiede nel fatto che, oggi, i confini nazionali presentano una porosità senza precedenti, e che quindi, come scrive Hugues Fulchiron, «il turismo procreativo prospera sulla diversità dei sistemi giuridici che, comunque li si veda, risultano interdipendenti, dai più rigorosi ai più liberali».
Le risposte nazionali appaiono pertanto del tutto insufficienti, ed è ben difficile che gli Stati si accordino su un trattato internazionale in materia, visto l’alto tasso di criticità della materia stessa, che va a toccare nervi sensibili del dibattito pubblico, in bilico tra etica, morale, diritto ed esigenze di vita concreta.

La questione
Per fare un po’ d’ordine, è anzitutto importante considerare che i figli dei procedimenti di PMA non godono, alla luce della maggior parte delle leggi nazionali, di uno statuto giuridico specifico, ma sono vittime innocenti di un sistema ingiusto che discrimina le famiglie da cui provengono. Basti pensare, a tale riguardo, che la PMA è dichiaratamente, in molti Paesi, un rimedio contro l’infertilità, mentre in altri è una tecnica al servizio di un «progetto genitoriale» posto in essere dalla coppia; in altri ancora, essa rappresenta uno strumento finalizzato ad assicurare un diritto individuale alla procreazione.
Dal modo di intendere la PMA e, di conseguenza, dalla disciplina concreta approntata dal legislatore nazionale in materia, dipende il carattere proibitivo o liberale dell’ordinamento di riferimento. In Italia, ad esempio, l’attuale impianto normativo, costituito com’è noto dalla Legge 19 febbraio 2004, n. 40, somiglia ormai, più che a un sistema coerente di regole e principi, a una minuscola forma di gruviera: fatto a pezzi progressivamente dai giudici di merito e dalla Corte costituzionale, da ultimo con la sentenza che ha dichiarato incostituzionale il divieto di fecondazione eterologa, esso si pone di traverso rispetto a un più generale diritto — del quale non possono che essere titolari tutti, senza distinzioni fondate sul genere o sull’orientamento sessuale — «di diventare genitori e di formare una famiglia che abbia anche dei figli[, quale] espressione della fondamentale e generale libertà di autodeterminarsi» (Corte cost., 10.6.2014, n. 162, § 6). Il modello scelto dal nostro legislatore, che è uno dei più restrittivi al mondo, non è dunque più in grado di sostenere l’urto dell’onda dei diritti fondamentali.
Ad ogni buon conto, a prescindere dal modello prescelto, una cosa è certa: i figli nati da PMA non possono essere diversi dagli altri bambini, se non altro perchè non è il modo con cui nasciamo a determinare la nostra esistenza futura. La Cassazione francese lo dice forte e chiaro nel suo parere: alla compagna della madre biologica deve essere riconosciuto lo status di madre perché in Francia la filiazione va stabilita «senza alcuna restrizione relativa al modo con cui il bambino è stato concepito». Privilegiare la famiglia cosiddetta «tradizionale», nella quale prevale sempre — e senza pietà — il legame biologico e la discendenza da un rapporto sessuale, magari occasionale, trascura quella che Stefano Rodotà chiama «la famiglia fondata sulla spontaneità degli affetti».

Il ruolo del giurista
Il giurista che si interroghi sul problema dei figli nati da PMA all’estero deve allora fare i conti non solo con un mondo sempre più globale e con un diritto di famiglia sempre più variegato, ma pure con la logica pregnante dei diritti fondamentali, che attribuisce dignità umana anche ai figli nati da tecniche di PMA.
Non solo. Come ha correttamente evidenziato la Corte costituzionale austriaca in una sua importante decisione del 2013, quando si dà la giusta rilevanza al progetto procreativo deve necessariamente concludersi che, senza tale progetto, I bambini nati da PMA non esisterebbero. Coloro che hanno veramente a cuore la tutela degli indifesi non possono semplicemente ignorare questo principio elementare e di civiltà.

Bibliografia recente
­— H. Fulchiron, La lutte contre le tourisme procréatif: vers un instrument de coopération internationale?, in «Journal du droit international», 2014, 563 ss.
— S. Tonolo, La trascrizione degli atti di nascita derivanti da maternità surrogata: ordine pubblico e interesse del minore, in «Rivista italiana di diritto internazionale privato e processuale», 2014, 81 ss.
­— G.O. Cesaro, P. Lovati, G. Mastrangelo (cur.), La famiglia si trasforma. Status familiari costituiti all’estero e loro riconoscimento in Italia, tra ordine pubblico e interesse del minore, Milano, 2014.
— S. Rodotà, Il diritto di avere diritti, Milano, 2012.

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