giovedì 5 febbraio 2015

Quale Unione europea?

LA PAROLA ALL’ESPERTO

La rubrica mensile di IMESI che riporta la voce degli esperti sulle maggiori tematiche di politica internazionale

Quale Unione europea?
a cura di 
Rosario Fiore docente di diritto internazionale Università degli Studi di Palermo


Questa Europa così com'è non è certamente quella tratteggiata, sognata, invocata da Altiero Spinelli e da Ernesto Rossi nel famoso Manifesto di Ventotene. Che cos'è oggi l'Unione Europea? Una via di mezzo, un ibrido tra una confederazione di Stati e uno Stato federale, una organizzazione internazionale sui generis che, proprio perché ne' carne ne' pesce, rischia di essere un niente. Spesso molti dicono che all'unione economica e monetaria non sia corrisposta una incisiva unione politica. Verissimo! Le istituzioni europee, ad eccezione del Parlamento, non sono organi a rappresentanza politica diretta degli interessi dei cittadini. Il Consiglio dell' Unione, che condivide, in posizione dominante con il Parlamento Europeo, la funzione legislativa e di bilancio, è un organo a composizione ministeriale, che raggruppa i ministri dei Paesi membri in ragione delle materie da trattare. Il che implica che in quella sede le decisioni politiche, che sono le più importanti per l' UE, non vengono assunte in ragione dell'interesse generale, ma vengono mediate tra i contrapposti interessi particolari dei singoli Stati, soprattutto di quelli più forti, come la Germania. Già, la Germania con le sue aspirazioni pangermanistiche, con la intramontabile idea della Grande Germania, di una Europa a guida tedesca. Passano i secoli, ma cambia poco nella politica estera tedesca, nel loro tentativo di inglobare il resto del vecchio continente, nel fare risorgere, in una sorta di renovatio imperii, il glorioso Sacro Romano Impero. In questa ottica, tutti gli Stati europei dovrebbero limitarsi a svolgere esclusivamente il ruolo di vassalli dell'impero tedesco, come accadde a partire da Carlo Magno fino ad arrivare all'ultimo imperatore tedesco Guglielmo II di Hohenzollern ed oggi con Angela Merkel. La vittoria di Tsipras in Grecia deve fare riflettere molto: non vince la sinistra estrema in quanto tale, ma vince l'idea del fallimento dell'Unione Europea, di una moneta unica che somiglia più ad un vecchio franco tedesco. Ha vinto la ribellione contro il pangermanesimo in salsa merkeliana, ha vinto l'idea di una Europa solidale contro l'idea di una Europa dal rigorismo asfissiante, che se da un lato tiene a posto i conti, dall'altro frena lo sviluppo e la crescita, a danno soprattutto delle classi più povere. Ecco allora che queste spinte antieuropeiste, in Italia sostenute dalla Lega e dal M5S e non dalla sinistra radicale di Vendola e compagni, rischiano di diffondersi sempre più in maniera incisiva, fino all'estrema conseguenza di una Unione Europea sempre più debole e sempre più lontana dai popoli. Cosa serve? Se Unione deve essere, allora bisogna che sia una unione politica, il che significa che ciascuno stato deve rinunciare non ad una parte della propria sovranità, ma alla propria totale sovranità e dare vita ad un nuovo foedus, cioè ad un nuovo patto federativo tra tutti gli Stati che, in tal modo cessano di essere tali e diventano macro regioni all'interno degli Stati Uniti d' Europa: unica politica estera, unica politica di difesa e sicurezza, unica politica monetaria, in altre parole serve passare dall' Unione Europea all' Europa Unita. Solo in questo modo, quando non esisteranno più la nazione italiana, la nazione francese, la nazione tedesca e così via, ma esisterà un unico grande Stato federale, con un Parlamento federale unico detentore della funzione legislativa, senza più la presenza di organismi di mediazione degli interessi nazionalistici, tra cui anche la stessa Commissione Europea, allora avremo compiutamente realizzato il sogno di Ventotene, saremo finalmente cittadini europei. Certamente, il Trattato di Lisbona ha compiuto dei passi in avanti in questa direzione, anche se la mancata approvazione della prima vera Costituzione europea, fa si che ancora una volta il compromesso al ribasso, che ha mantenuto in piedi il costrutto bicefalo tra rappresentatività popolare e rappresentanza statale, ha finito con l' accentuare le condizioni politiche per il proliferare delle spinte antieuropeiste. Troppo poco e troppo al ribasso il compromesso di Lisbona: serve di più, serve più coraggio, serve rinunciare all'idea di sovranità nazionale in favore della piena sovranità europea, al netto del pangermanesimo ovviamente.

4 commenti:

  1. Il manifesto di Ventotene rimane un documento strettamente FEDERALISTA. Temo a volte si faccia confusione quando si accenna ad una SuperNazione europea che superi le singole statualita'. Ad ogni modo credo non si possa prescindere da due prospettive, storica e di governance quando si parla di costruzione europea. Il rischio di cadere nel retorico, parlando del "dover essere" della UE a prescindere dalle prospettive di cui sopra e' dietro l'angolo. Spero di poter avere uno spazio migliore per contribuire con qualcosa di piu' articolato alla discussione. (scusate per l'ortografia e la punteggiatura ma scrivo con una tastiera greca)

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  2. Luca non tema confusione o retorica, a parte la sua ovviamente. Ribadisco il mio concetto: se non nasce uno Stato federale europeo, oltre le attuali nazioni, e quindi se non vi è una piena sovranità dell'Europa unità, credo che si faranno solo chiacchiere inutili.

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  3. Non vorrei essere frainteso. Ha sicuramente ragione. Se mi limitassi alla pur lodevole e certamente impegnata disquisizione sul "dover essere" sarei certamente retorico, e fa bene ad ammonirmi. Spero di chiarire presto la mia suggestione.

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    1. Magari possiamo organizzare, tramite l' I.ME.SI, un seminario sull'argomento, con una prospettiva di riflessioni storiche, filosofiche, economiche e giuridiche. Su questo mi trova disponibile

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