Venezuela e crisi economica: dall'impronta boliviana di Hugo Chavez a quella di Nicolas Maduro
Le
cause della crisi economica in Venezuela non vanno ricollegate al crollo del
prezzo del greggio bensì al galoppante incremento della spesa pubblica che ha
portato ad alti tassi di inflazione
durante la quindicennale presidenza di Hugo Chávez.[1]
Definito
come “il presidente della rivoluzione incompiuta” diventa leader del Venezuela
a partire dal gennaio 1999 per tre mandati, fino al marzo del 2013 quando verrà
stroncato da un cancro. Di lui si ricorda il suo ruolo come politico e militare
venezuelano e, nello specifico, il
fallimentare golpe del 1992, che lo ha portato a due anni di prigionia e che gli
permise di incrementare consensi da parte di un’opinione pubblica oramai stanca
dell’incompetenza e nauseata dalla corruzione della classe politica.[2]
La sua ideologia trae ispirazione dal
socialismo del XXI secolo, e dal pensiero di Simón Bolívar, rivoluzionario
venezuelano ricordato come il libertador,
poiché diede un contributo importante all’indipendenza di paesi come Colombia,
Ecuador, Bolivia, Venezuela, Panama, Perù.
Bolivar,
precursore degli ideali della rivoluzione americana, per certi aspetti si
distacca dal pensiero dei padri fondatori, abolendo, ad esempio, la schiavitù
nei territori da lui controllati. Non riponendo fiducia nel sistema politico
federale, Bolìvar credeva che l’entità centrale dovesse ricoprire un ruolo predominante
sulle realtà regionali.[3]
La politica economica di Hugo Chavez era finalizzata ad aiutare
le classi più disagiate, in alcune circostanze i miglioramenti delle
condizioni sociali si tramutavano in termini di beni e/o benefici come una
casa, un’istruzione e delle cure mediche; e ancora redistribuzione dei proventi
derivanti dalla principale risorsa economica: il petrolio. Il modello ha
funzionato fino a quando gli alti prezzi del petrolio permettevano di non
preoccuparsi dei costi della spesa pubblica e fino a quando la rivoluzione non
si è incancrenita e non sono aumentati i fenomeni violenti e criminali nel Paese
.[4]
L’altra faccia della medaglia però
prevedeva la nazionalizzazione di imprese private, conduzione spregiudicata dell’economia
e una serie di comportamenti dittatoriali, tra cui l’intimidazione
dell’opposizione ed i limiti posti alla libertà di stampa (che si concretizzeranno
a pieno sotto la presidenza Maduro).
Fra le manovre che contraddistinsero
la sua presidenza si ricordano: la svalutazione competitiva della moneta
nazionale, l’uscita del Venezuela dal
Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale, la lotta contro l’analfabetismo
e la malnutrizione, oltre che un impegno a garantire assistenza medica e medicinali gratuiti.
In
politica estera Chávez voleva fare dell’America Latina una
potenza sottraendola all’egemonia degli Stati Uniti. Tale piano poteva
concretizzarsi grazie ad una congiunzione ideologica di tipo boliviana, fra due
realtà statali, quella venezuelana e quella cubana dei fratelli Castro. Fra i
principali alleati si ricordano la Bolivia di Evo Morales, l’Ecuador di Rafael
Correa e il Nicaragua di Daniel Ortega. Erano dunque messi a repentaglio i
rapporti con gli Stati Uniti, principale acquirente del petrolio venezuelano. Il Chavismo, ha portato in risalto i ruoli dello
stato e della politica come soluzione ai problemi economici e
sociali in tale ottica è sorta l’ Alleanza Bolivariana per le Americhe, un
progetto di cooperazione politica, sociale ed economica tra i paesi del Sud
America sorto nel 2004 per volontà di Chavez e Fidel Castro in contrapposizione
alle iniziative di integrazione regionale liberiste. Si ricordano anche: l’Unione
delle Nazioni Sudamericane, ovvero una piattaforma di integrazione economica
regionale sul modello dell'Unione Europea istituito nel 2008 e operativo nel
2011, e infine la Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici sorto nel
2011. I progetti di integrazione regionale di stampo bolivariano e il
conseguente peso geopolitico acquisito grazie al petrolio, hanno rappresentato
dei tasselli fondamentali per la politica estera venezuelana.[5]
L’opposizione agli Stati Uniti ha costituito
una componente essenziale della politica internazionale del
Venezuela, in ottimi rapporti con tutti i paesi rivali di Washington: Russia, Bielorussia, Libia, Corea del Nord, Cina, Iran e Siria. Nell’ultimo periodo però,
forse complice il peggioramento delle sue condizioni di salute, Hugo Chàvez
decide di attuare un cambio di rotta che lo porta ad un rinsaldamento dei
rapporti con gli USA.
Il comandante morente aveva
designato come suo successore Nicolàs Maduro. Volontà assai profetica e che
trova conferma nella vittoria delle elezioni avvenute quaranta giorni dopo la
morte di Hugo Chavez ( 5 marzo 2013) con un margine assai ridotto sull’oppositore
Henrique Capriles e tra polemiche su possibili brogli. Un risultato così
risicato da mettere in dubbio la legittimità del processo elettorale.[6] Ha votato quasi l’80% degli aventi diritto. Nicolás Maduro ha vinto le prime elezioni
presidenziali del Venezuela post Hugo Chávez con il 50,7% dei
voti; 7 milioni 500 mila voti contro i 7 milioni 270 mila del rivale Henrique
Capriles Radonsky.[7]
Seguendo la scia del socialismo
boliviano, Maduro si trovava a fare i conti con la gravosa eredità economica,
politica e internazionale lasciata dal suo predecessore: un paese politicamente
polarizzato e istituzionalmente indebolito. Da una parte le classi più povere
si trovavano in una situazione di vantaggio dall’altra la bilancia economica
dipendeva dal petrolio a cui si aggiungevano
corruzione e cattiva gestione del governo del paese a cui fecero seguito una serie
di proteste popolari che vanno dalla metà del 2013 ad oggi.[8]
Per cercare di mantenere il controllo sulla macchina statale, Maduro ha dato inizio ad una Blitzkrieg
caratterizzato da una serie di misure anti-democratiche, segnale che mostra
come il governo venezuelano non voglia dialogare con le opposizioni.
Oggi in Venezuela c’è
scarsità di generi alimentari, il deficit pubblico ha assunto dimensioni preoccupanti
e sono frequenti i black out.
Nel mese di
maggio del 2016 viene dichiarato
lo stato di emergenza: l’esercito e la polizia vengono
autorizzati a distribuire e vendere cibo
mentre i comitati locali dovranno garantire
la sicurezza del paese.
Nei
primi anni del governo Maduro la situazione economica, non ha fatto che
peggiorare, dalla caduta del Pil intorno al 9%, all’inflazione che ha sfiorato
il 200% all’anno, mentre il valore del bolivar si è polverizzato rispetto al
dollaro. Nelle botteghe mancano i beni di prima necessità, il mercato nero
comincia a ritagliarsi una fetta consistente del mercato a cui si aggiunge una carenza di medicine, condizioni
lavorative disumane e spesso svolte in assenza di acqua. Le disfunzioni
dell’economia possono essere imputate alle scelte radicali e populiste di
Chávez: l’attacco all’imprenditoria privata, il controllo dei prezzi, l’eccesso
di spesa pubblica, l’esplosione della corruzione.
Un altro problema è quello del controllo delle
nascite, ma contraccettivi comuni sono diventati introvabili motivo per il quale un numero sempre più alto
di donne decide di ricorrere alla sterilizzazione grazie anche ad un programma
sanitario che ne prevede la procedura, in maniera gratuita, alcune volte a
settimana. Malgrado il Venezuela sia è un paese molto cattolico, le donne
rinunciano ad avere figli.
Si tende spesso a paragonare
l’attuale condizione venezuelana con quella del Cile di Salvador Allende
prima del golpe di Pinochet.[9]
L’opposizione
tutt’ora fa terra bruciata al leader venezuelano, che ha chiesto già nel 2015
un referendum sulla sua destituzione ma il governo si è opposto; dure anche le
parole di Luis Almagro, segretario generale dell’organizzazione degli stati
americani in cui etichetta Maduro come un dittatore. [10]
Ne vengono rivalutati i meriti che
non fanno di lui un leader carismatico e
politicamente sagace come il suo predecessore; ci si interroga inoltre sulle
capacità del Venezuela di riuscire o meno e in che tempi a uscire dalla crisi.
Sembrano esserci dei buoni presupposti dati, ad esempio, da accordi con la Cina
per ottenere nuovi finanziamenti in cambio rifornimenti petroliferi potrebbe
dare un po’ di respiro all’economia venezuelana e le permettono di ripagare
parte dei debiti e interessi maturati.[11]
Maria Martina Bonaffini
[1] http://www.ispionline.it/it/pubblicazione/venezuela-al-collasso-tra-crisi-economica-e-conflitto-istituzionale ultimo accesso in data 19-08-2016
[2]
http://www.limesonline.com/rubrica/il-presidente-del-venezuela-hugo-chavez-e-morto
ultimo accesso in data 19-08-2016
[3] https://it.wikipedia.org
ultimo accesso in data 21-08-2016
[4]
http://www.limesonline.com/maduro-un-presidente-delegittimato-per-il-venezuela-del-dopo-chavez ultimo accesso in data 19-08-2016
[5] http://www.ispionline.it/it/articoli/articolo/usa-americhe/chavez-venezuela-e-il-sogno-bolivariano-background ultimo accesso in data 22-08-2016
[6] http://www.limesonline.com/rubrica/il-presidente-del-venezuela-hugo-chavez-e-morto
ultimo accesso in data 19-08-2016
[7] http://www.limesonline.com/maduro-un-presidente-delegittimato-per-il-venezuela-del-dopo-chavez ultimo accesso in data 19.08-2016
[8] https://it.wikipedia.org/wiki/Nicol%C3%A1s_Maduro ultimo accesso in data 21-08-2016
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