Crisi dei migranti: gli effetti dell'accordo tra Ue e Turchia
La famigerata “rotta balcanica” che ha immobilizzato
e diviso mezza Europa negli ultimi mesi, a causa dell’arrivo in massa di
migliaia di migranti provenienti in prevalenza da Siria, Iraq, Afghanistan,
Eritrea e Somalia, attraverso il Mar Egeo, sembrerebbe essersi notevolmente
attenuata. Il risultato di questo calo deriverebbe dall'accordo
raggiunto il 18 Marzo 2016 tra Unione Europea e Turchia volto ad arrestare l’esodo
di massa proveniente dalla fascia mediorientale e a combattere il traffico
clandestino di esseri umani.[1]
Il piano, discusso a Bruxelles, prevede che tutti i
migranti che approdano in Grecia dalla Turchia debbano essere respinti. Tuttavia, la clausola chiave inserita nell'accordo
denominata “one in, one out” che si applica ai soli migranti siriani
prevede che per ogni siriano rimandato in Turchia, uno già presente nel paese venga accolto in
Europa. Così facendo si bilanciano i costi di accoglienza che la Turchia deve
sostenere nell'ospitare il grande numero di profughi ad oggi presente, circa
2,7 milioni per la maggior parte siriani. In compenso l’Unione Europea può
“scegliere” i rifugiati siriani da accogliere in Europa. Per consentire alla Turchia di fungere da campo
profughi dell'Ue, quest’ultima elargisce ad Ankara un fondo di 3 miliardi di
euro e si impegna a corrispondere altri 3 miliardi entro la fine del 2018, se
la prima tranche si rivelasse insufficiente. L’accordo prevede infine che l’Unione Europea si
impegna ad accelerare l’iter che dovrebbe consentire entro l’estate 2016, di
esentare i cittadini turchi dal requisito del visto per accedere allo spazio
Schengen.
In termini economici, anche se può sembrare un
ingente somma, i sei miliardi promessi alla Turchia inciderebbero per l’1% nell'intero
bilancio europeo che ammonterebbe a circa 145 miliardi di euro nel 2015. In
base alle regole contabili europee l’erogazione dei fondi sarebbe vincolata
alla verifica del modo in cui la Turchia li spende. Tuttavia il meccanismo di rimpatrio previsto
dall'accordo configura un cavillo giuridico e logistico non indifferente. In
primo luogo, i sistemi d’asilo dei paesi europei e la convenzione di Ginevra
del 1951 ( cui l'Ue aderisce ) vietano espressamente di rispedire i richiedenti
asilo in Stati che non garantiscano loro adeguata protezione, assistenza e
prospettive d’integrazione, ovvero che non abbiano riconosciuto lo status di
“paese sicuro”. Questo non pare il caso della Turchia: paese che applica solo
in minima parte la convenzione di Ginevra e che accorda ai 2,5 milioni di
siriani presenti oggi nel suo territorio uno status di mera “protezione
temporanea”. Posto che si siano previamente registrati presso le autorità
turche, il che non avviene per la quasi totalità di quelli che puntano
all'Europa e che dalla Grecia si vedono ora rimandati indietro.
Le regole vengono in questo modo cambiate. La Grecia
è dunque chiamata a riconoscere la Turchia come “paese terzo sicuro”, per poter
effettuare i respingimenti in modo formalmente legale. Purché i migranti
respinti siano preventivamente registrati in Grecia, vagliandone singolarmente
le domande d’asilo, in quanto l'Ue vieta espressamente le espulsioni di massa.
Ad oggi, oltre alla Grecia, la sola Bulgaria aveva riconosciuto la Turchia come
“paese terzo sicuro”. In questo modo, tutto il meccanismo finisce per
dipendere dal sistema di asilo greco, che un rapporto della Corte Europea dei
diritti dell’uomo descrive come “inaccettabile, degradante e malsano”.[2] Gli hotspots
posti nelle isole prospicienti la Turchia ( Lesbo, Chio, Samo, Lero e Coo )
non sono sufficienti a fronte delle ingenti richieste d’asilo e mancano ancora
di sufficiente personale specializzato ( avvocati, poliziotti, magistrati ed
interpreti). A fronte di ciò l’Unione Europea ha promesso alla Grecia circa
700 milioni di euro di aiuti. C’è inoltre da aspettarsi che molti richiedenti
asilo si oppongano alla prospettiva di essere rimandati indietro, dopo aver
investito gran parte dei loro averi e le loro stesse vite nel viaggio della
speranza per sfuggire fame, violenza e distruzione. E’ auspicabile che vengano
prese in considerazione altre rotte, come quella adriatica, che dall'Albania
porta alle nostre coste pugliesi.
La proposta di ricollocamento dei richiedenti asilo
presenti in Grecia è stata rigettata dal primo ministro ungherese Viktor Orban.[3] Ancora più problematico è il destino dei circa 200
mila profughi non siriani presenti in Turchia e a cui il paese non riconosce
alcuna forma di protezione, e che al momento Ankara non saprebbe dove mandare.
La Turchia infatti ha avviato procedure di accordi bilaterali di rimpatrio con
14 paesi, tra cui Iran, Afghanistan ed Eritrea, ma il processo è ancora lungo. Qualora la Turchia decidesse di rimpatriare in massa
persone che nei loro paesi di provenienza rischiano la vita, violerebbe il
principio europeo e internazionale del non refoulement ( non
respingimento ), mettendo a rischio lo status di “paese terzo sicuro”. Anche per i siriani ripresi dalla Turchia la situazione
non è affatto facile. L’unica opzione è la ricollocazione in Europa, che
al momento sembrerebbe difficoltosa date le divisioni presenti tra gli Stati
Membri e la regola dell’unanimità nel processo decisionale in materia
d’immigrazione. In assenza di una ripartizione dei richiedenti asilo
su scala europea, la Grecia finirebbe infatti per recepire un numero di
profughi siriani analogo a quelli respinti, di fatto vanificando l’accordo con
la Turchia. Sarà utile a riguardo seguire gli sviluppi della proposta italiana
del cosiddetto “Migration Compact” che riguarderà anche la ripartizione dei
profughi siriani “scelti” in Turchia.
La clausola one-in, one out è tuttavia una
regola temporanea, ma il suo superamento richiede la creazione di un sistema di
ripartizione europeo a lungo termine. Questo accordo ha fatto dunque entrare le relazioni
tra Turchia e Unione Europea in una nuova dimensione. Paradossalmente, proprio
nel momento storico in cui i rapporti tra i due attori non erano dei migliori. Facendo leva sul terrore degli europei per i
disperati in fuga da guerre alle quali non sono esattamente estranei ( la
maggioranza dei rifugiati siriani non scappa dallo Stato Islamico, ma dalla
barbarie senza limiti del regime di al-Asad, alleato non dichiarato dell’Occidente
)[4], Erdogan e
Davutoglu sono riusciti a incunearsi nelle fratture del Vecchio Continente
portando a casa un buon risultato in termini di aiuti economici e riapertura
del dialogo di pre-accesso all'Unione Europea. I due leader percepiscono di essere indispensabili
all'Europa per arginare il flusso di migranti, i quali potrebbero essere
tranquillamente integrati in Turchia, paese in piena crisi demografica,
accalcati ai confini con la Siria. E’auspicabile che la Turchia richieda in
futuro ulteriori aiuti economici per integrare i siriani nel proprio mercato
del lavoro.
Al momento i siriani presenti in Turchia vivono in
un “limbo giuridico” dato il fatto che non godono dello status di rifugiati ma
di “ospiti”. Sono infatti presenti numerose situazioni di sfruttamento in
particolare nelle fabbriche tessili turche in cui lavorano anche minori siriani
senza alcuna protezione giuridica. A livello strategico, l’accordo Ue-Turchia consolida
le relazioni turco - tedesche. La cancelliera Angela Merkel, oltre a prendere
le difese della Turchia in Europa è stata l’unico leader occidentale ad
appoggiare apertamente la proposta turca di creare una zona di sicurezza nel
Nord della Siria[5].
Proposta che provoca non poche tensioni al confine. È di pochi giorni fa la notizia
di 8 profughi siriani uccisi tra cui 4 bambini, da parte delle guardie di
frontiera turche, che hanno reagito al tentativo dei profughi di oltrepassare
il confine senza fermarsi all'alt dei militari. L’osservatorio per i diritti
umani in Siria registra 60 civili siriani uccisi al confine turco dall'inizio
del 2016.[6] Per concludere, la situazione che contorna
quest’accordo è ancora molto da definire, e sarà utile capire gli sviluppi di
nuove proposte europee sulle politiche d’immigrazione, volte non a fungere da
tampone ma da poter essere sviluppate e armonizzate nel lungo periodo.
Danilo Lo Coco
[1] EU – Turkey Statement, 18 March 2016, Press office, General Secretariat of the Council.
[2] 2011 Annual Report on the
Situation of Asylum in the European Union, European
Asylum Support Office, 2012
[3] Migrant crisis: EU and
Turkey plan one-in, one out deal, BBC News,
8/03/2016
[4] K. Suleiman, M. Misto, “ Anadolu
Agency tally shows 361,000 killed in Syria war, Anadolu Agency, 15/3/2016
[5]
Santoro, D., “Ad Ankara piace l’Europa à la carte”, in Limes n.3 “
Bruxelles, il fantasma dell’Europa”, 3/2016
[6] Turkey border guards ‘shot
Syrian children’-monitors, BBC news, Middle East,
19/6/2016
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