- EDIZIONE STRAORDINARIA -
Il G7 di Hiroshima: quali prospettive per il mondo?
Si è svolto nelle
giornate di Domenica e Lunedì, rispettivamente 10 e 11 Aprile, presso la città
giapponese di Hiroshima, il vertice dei ministri degli esteri del G7. Durante
l’incontro sono stati discussi temi estremamente importanti e di grande
rilevanza a livello internazionale, tra cui il terrorismo e la minaccia dello
Stato Islamico, l’immigrazione e la condizione dei rifugiati, la minaccia
nucleare, la sicurezza in mare e la libertà di navigazione e la questione della
tutela ambientale; non sono mancati poi i riferimenti a tutti quei paesi che
costituiscono oggi una seria minaccia nei confronti della pace e
dell’equilibrio globali. Bisogna considerare che l’incontro di Hiroshima, il
Foreign Ministers’ Meeting, rappresenta un lavoro di preparazione in vista del
G7 Summit, che si svolgerà il 26 e 27 Maggio a Shima. È interessante però
notare come proprio dal meeting scaturisca quel lavoro di selezione e
discussione dei temi che permette di capire quali siano gli argomenti che
maggiormente potrebbero esercitare un’influenza forte sull’intero sistema
internazionale.
Cosa
è il G7- Il G7, inizialmente G6, nasce a metà anni 70 al
fine di coordinare le politiche economiche dei paesi con il più alto grado di
industrializzazione, cioè Giappone, Stati Uniti, Germania, Regno Unito, Italia
e Francia, al fine di far fronte alla dilagante crisi economica all’indomani
dello shock petrolifero e della riforma del sistema monetario che aveva
stabilito, tra l’altro, l’abbandono della convertibilità del dollaro in oro.
Era pertanto essenzialmente economica, inizialmente, la natura degli incontri
tra le sei potenze; con il passare degli anni, tuttavia, l’agenda è andata
sempre più arricchendosi di nuove importanti tematiche e, benchè le
dichiarazioni dei Capi di Stato e di Governo elaborate durante gli incontri non
abbiano carattere vincolante, esse assumono ad ogni modo una grande importanza,
poiché rendono note delle linee guida comuni in materie estremamente delicate e
complesse e rappresentano un impegno politico notevole di fronte alla comunità
internazionale. Il G6 divenne G7 nel 1976, con la partecipazione del Canada e,
in seguito, G8, con la partecipazione della Russia. Perché quindi oggi
parliamo di G7 piuttosto che di G8? La risposta a questa domanda è direttamente
connessa ad uno dei temi caldi di questo vertice, ovvero la questione Ucraina.
Da quando infatti la Russia si è trovata direttamente coinvolta nella crisi in
Crimea, è stata sospesa e non ha più partecipato agli incontri. Persino dai
documenti ufficiali rilasciati dopo il meeting è emersa una dura condanna nei
confronti del paese, cui viene ricordata la grave violazione del diritto
internazionale perpetrata al momento dell’annessione della penisola; malgrado
infatti il Protocollo di Minsk abbia imposto un cessate il fuoco immediato, la
situazione non sembra ancora essersi stabilizzata, come dimostra peraltro la
proroga delle sanzioni e delle misure restrittive imposte alla Russia proprio
in virtù del suo ruolo in questa vicenda. Dal meeting è emersa anche una
condanna nei confronti della gestione delle informazioni da parte della Russia,
che sembrerebbe influenzare i media per favorire processi di disinformazione e
di pressione sull’argomento. Il ruolo chiave per un’eventuale risoluzione della
crisi in Ucraina è pertanto attribuito proprio alla Russia, nei confronti della
quale intanto resta ferma la condanna dei paesi del G7.
Perché
Hiroshima? La scelta di Hiroshima come sede del vertice non è
affatto casuale: altro tema centrale discusso dai ministri degli esteri è stata
infatti la minaccia nucleare, le cui conseguenze si riscontrano in maniera
forte e inequivocabile proprio nella città giapponese.
“We emphasize the
importance of our meeting in Hiroshima seventy one years after World War II,
which unleashed unprecedented horror upon the world. The people of Hiroshima and Nagasaki experienced immense
devastation and human suffering as a consequence of the atomic bombings and
have rebuilt thei cities so impressively” Sono queste le parole
che aprono la “G7 Forign Ministers’ Hiroshima Declaration on Nuclear
Disarmament and Non-Proliferation”, uno dei documenti più importanti scaturiti
dal vertice. Il ruolo delle armi nucleari e del loro possesso ha infatti
ridefinito numerosi equilibri, soprattutto in tempi recenti: a partire dal
ritiro delle sanzioni all’Iran, che oggi diviene partner economico conteso da
numerosi paesi, Italia compresa, fino ad arrivare alla preoccupante posizione
della Corea del Nord, che viene citata in termini negativi nella dichiarazione
per i test nucleari e i lanci missilistici condotti negli ultimi mesi, solo
alcune delle numerose provocazioni di Pyongyang. Malgrado misure estremamente
severe gli fossero state imposte già dalle Nazioni Unite, per mezzo della
risoluzione 2270 del Consiglio di Sicurezza, egli starebbe infatti preparando,
secondo quanto reso noto proprio in concomitanza con il G7 dall’agenzia Yonhap,
il lancio di missili balistici a medio raggio. La Dichiarazione di Hiroshima
auspica pertanto una implementazione delle misure internazionali contro la
proliferazione dell’energia nucleare, attraverso un rafforzamento
dell’International Atomic Energy Agency in determinate aree particolarmente
calde; necessaria si reputa anche, alla luce del Treaty on the
Non-Ploriferationon Nuclear Weapons, un utilizzo responsabile e soprattutto
pacifico dell’energia nucleare.
Terrorismo,
quali soluzioni? Altro tema fondamentale inserito in
agenda è il terrorismo, e in particolare la minaccia dello Stato Islamico,
definito come un pericolo per la sicurezza globale e che pertanto richiede
misure drastiche e urgenti. Si parla persino di un “G7 Action plan”, che con
ogni probabilità sarà ulteriormente passato al vaglio durante il summit di
Shima. Le linee guida restano tuttavia piuttosto vaghe: si esalta il lavoro
fino ad ora condotto dalla “Global Coalition to counter Isil”, coalizione,
composta da 66 paesi, promossa dagli Stati Uniti per neutralizzare la minaccia
dello Stato Islamico, e si auspica la promozione di valori fondamentali quali
il pluralismo, la moderazione, la tolleranza, la parità di genere e il dialogo
tra culture e religioni. Si tratta sicuramente di ottimi input; resta tuttavia
da stabilire in che modo favorire questo processo virtuoso e in che modo i
singoli stati sapranno recepire le suddette linee guida al fine di elaborare
una politica efficace contro la minaccia terroristica.
Importanti si rivelano
altresì i riferimenti alla situazione della Libia, il cui Governo di Unità nazionale viene riconosciuto come il
solo legittimo, e quindi unico interlocutore a livello internazionale, e alla Siria, in merito alla quale viene
ribadita l’importanza del cessate il fuoco e la necessità per il paese di avere
un nuovo governo, più stabile e rappresentativo. Piuttosto lacunosa è invece la
trattazione del tema, oggi più che mai attuale, della condizione di immigrati e
rifugiati. Largo spazio viene invece concesso al tema ambientale: già prima dall’ultimo incontro del 2014, infatti,
i ministri avevano commissionato uno studio indipendente per calcolare le
ricadute dei cambiamenti climatici sulla stabilità degli stati e, nel corso del
2015 il “Working group on climate and fragility” ha intensificato il proprio
lavoro, per redigere un report, consegnato proprio in occasione dell’incontro a
Hiroshima. Tenuto conto dello stretto nesso esistente tra fattori ambientali e
stabilità degli stati, soprattutto quelli fragili, è emersa la necessità da
parte degli stessi di implementare le proprie politiche ambientali, in molti
casi inadeguate, anche attraverso un dialogo con gli altri stati, in particolare
gli stati membri del G7, e di adeguare le politiche di gestione dei rischi
legati a conflitti o situazioni di instabilità. Oltre alla rilevanza
dei temi trattati, un altro fattore ha contribuito ad
accrescere l’interesse dell’opinione pubblica su questo meeting: si tratta
della prima visita a Hiroshima di un segretario di Stato Americano. Kerry è
infatti volato in Giappone in occasione del G7, anticipando, sembrerebbe,
un’imminente visita del presidente Obama. Che la tanto attesa visita si svolga
proprio a Shima in occasione del summit?
Alessia Girgenti
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